Stai lì, ti schiacci in dieci minuti. Sono sfollati i genitori, si sono presi i figli. Il punto di ristoro che avevo chiesto. Non me l’aspettavo così. Fa un po’ come quei bei paesaggi rurali, le spianate tra i campi, le risaie. E poi ci montano sopra un cavalcavia. Sarah, questa situazione: è il mio cavalcavia.
Allora procedo piano, un po’ guardo avanti, questa strada bastarda che non vedi. Poi pensi va bene non vedere, ché magari mi atterra in un letamaio. Un po’ guardi sotto, la nostalgia del verde, le bisce dei sentieri che ti eri immaginata di. Tu, la piccola, ti mancano quelle mattine vostre, quei giri liberi, magari anche accucciarti nella penombra di un sonnellino. Ti senti stronza.
– No, non devi – mi dice Mathias.
Che conosce il mio nord e il mio sud. E allora poi fissa le puntine sulle mie mappe, salva il salvabile. Mi ama in quei chiodini.
Sono usciti con Patrick e Sarah e si sbrigheranno ad arrivare a casa. È già un traguardo, lei non è più uscita se non per tappe mediche. E per un istante mi succhio la vita ordinaria.
Isabelle ancora dorme, io saltello sui tasti. Fuori si leva un mattino che sembra mare e sembra montagna, un motorino riga la città, i negozianti aprono le serrande e la vita sbuca dalla notte.
Mi metto qui, nel mosaico degli auguri e degli abbracci, in questo sciame amabile che si produce quando confessi una pena. Che tutto il mondo si addensa in quel coro e in quelle voci, e ti scalda come un fiato grande. E sembra che non sei più su quel cavalcavia, c’è la ola degli amici, ai lati della tua corsa.
Grazie.
Commenti 4
❤ e basta!
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Grazie carissima…
M’hai fatto venire le lacrime. 💙
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Io invece è tutto il giorno che le trattengo. Ora sto meglio, sono di passaggio a casa, poi notte là. Un bacio e grazie…