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Maternità

Sospesa

“ECCO, È QUESTO, CHE SUCCEDE. NON DICA NIENTE, SE MI VEDE PIANGERE.”

 

– Sì – gli dico piangendo. – Sì, sì, sì.
Tre volte.

Ho tenuto Sarah a casa, ieri mi rincorreva mamma allora hai deciso? Come quando vuole un regalo, il fidget spinner, saltare la scuola perché è il suo compleanno, aspettare un altro giorno di convalescenza dopo un’influenza.

Non posso dirle che quel fiato mi affanna, che sono un vetro e lei è l’alone, la condensa. Che la guardo e adesso vedo i miei limiti, scritti grandi, insegne enormi di cattive pubblicità che imbrattano la casa.

Ho deciso anche se non lo dico. Che la tengo con me perché non ho nessuna valida ragione per mandarla al centro estivo dove passerà il tempo a fare pipì. Dove poi mi chiamano, come ieri, dove spende il suo disagio, poi se lo mette in spalle insieme al piccolo zainetto rosa e viola, e un momento le è passato tutto, un altro si avvinghia a una spavalderia che non le appartiene: – No, non ero in bagno.

Sa di doversi giustificare, sa che mi preoccupo, sa che forse mi arrabbio. Che sono in pena. E anche se le do mille spiegazioni buone, e quelle bacate le freno in un rantolo, sappiamo.

Si è addormentata dopo un’ora, ieri sera, il cuscino che ha chiesto al papà di sollevare, sopra il pelo di due malcapitati, un orso e un leone. Perché distesa le veniva di nuovo da andare in bagno. Non vuole nemmeno essere vista. Altre volte invece non senti i passi, senti i sussulti. La trovi che piange in corridoio, esasperata da quell’urgenza che poi non viene nulla. E allora piangerà ancora, perché “se non mi viene allora mi scapperà di nuovo.”

È così che abbiamo fatto quel fottuto viaggio in Alto Adige. L’andata, il ritorno.

Andiamo dalla pediatra stamattina, le dico. Gioca al dottore con Isabelle, guardano un cartone, ridono. Non faccio la sentinella, sto lì a pelo d’acqua non entro non esco, vedo quello che viene senza gravarle addosso come un improperio. La preoccupazione sobbalza sui miei sterrati, non ho strade buone, vado dove vado, mi sbrodola rabbia a ogni curva. La rabbia di chi non sa cosa fare.

Poi Isabelle è pronta, siamo in orario ma Sarah è di nuovo in bagno. Fa come quella volta prima di partire, quando poi Mathias l’ha portata al Pronto Soccorso. Ti prego non farlo, la imploro muta. Sta volta sono sola, io e due figlie, e devo andare, dobbiamo andare le dico: Sarah dobbiamo andare! Lei scoppia, come quei petardi senza un grande volo, quei tentativi sbilenchi che fanno solo chiasso e fumo. Che ti saltano sui piedi. Aspetto, mi sbrigo, aspetto, la calmo, tengo duro, la prendo, si rifiuta, s’incolla a quella cazzo di asse.

Siamo fuori. Al primo attraversamento è già con le mani lì, solleva il vestito arricciandolo, le sue coccinelle adesso si godono la vista da sopra il ginocchio. Le scappa già, dice. No, sei appena stata. Sì invece, mi scappa. Si ferma, non posso fermarmi. Isabelle mi chiede perché ci fermiamo. No, adesso andiamo. Venti minuti così, procedo svelta, poi la vedo che resta indietro, le volte peggiori sono quelle che grida, in questo mezzogiorno che dirada la gente. Come una mocciosa isterica.

La Madda prende e crolla, piange e poi scappa. La madre resta, prende quella voce che le esce ispida, la rade, la fa come la pelle di un neonato, fresca, rosata. La tengo su, la tengo forte, la madre che sono, la impugno ogni secondo che mi si vuota la testa: “Adesso come faccio?” Non posso caricare Sarah a braccia, non posso tornare indietro, non ce la fai più? Va bene, ecco. Le scelgo una pianta inutile.

La visita medica è la stessa ballata, la stessa strada bucata di fosse e di cessi, di domande che le fanno paura. Non collabora, abbassa la fronte in quell’istinto che ci resta, di crederci nascosti se non vediamo, va in bagno almeno sei volte, le prime aspetta che la guardo per potermelo chiedere nell’orecchio. I bambini a sei anni hanno una loro dignità da preservare, quella che fa strisciare muta mia figlia la notte, che mi butta via quando vorrei controllare, obbedire alla dottoressa che mi dice vada anche lei. Siamo ancora composte, io nella voce e nei gesti, la pediatra nei suoi occhiali tondi, la capigliatura impeccabile, Isabelle gioca con due libricini, sposta la seggiolina intrecciata di mille colori.

– Adesso ti visito.
– Devo tornare in bagno.
– Aspetti, questa volta aspetti. Ti visito e poi vai.

Ci crepiamo in pochi minuti.

Sarah si spezza. Gli stessi petardi, le gambe rigide, l’implorazione e la ribellione in parti uguali nei capelli che sudano, in quel suo tronco che si accartoccia e poi scappa.

Quando torna dal bagno la forziamo sul lettino, coi nostri muscoli da donna, è una mamma anche lei, siamo uguali e diverse, siamo che lei l’ho capito: oggi non farebbe a cambio. Sono io la madre di quell’insetto ferito che si dibatte, che spaventa Isabelle. Con una mano tengo Sarah, con l’altra sua sorella. Ho bisogno di rompermi. Glielo dico, poi, quando quella non trova nulla, si impone un po’, perde dolcezza, perde dignità come ne perdiamo tutti, scaraventiamo fuori i ruoli perché la situazione sembra una follia, quando la vedo sconvolta per le scene cui assiste: “Ecco, è questo, che succede. Non dica niente, se mi vede piangere.”

– Se no la ricoveriamo. Cinque giorni, la ribaltano come un guanto e vediamo.
Si è segnata il mio numero di telefono su un foglietto, ci ha messo accanto una freccina rossa, la ricalca due volte con la biro.
L’ho quasi desiderato, le dico. Glielo confesso. E lì i miei occhi franano. Non mi vergogno più.

Esco con le mie figlie, l’impegnativa per un’ecografia urgente. Faccio le scale, chiamo mio marito.
– Se vuoi torno.
– Sì, sì, sì.

Tre volte.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 21

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      Maddalena Capra Lebout

      E’ esasperante. Soprattutto perché non sembra una cosa di veloce soluzione, e in questi giorni niente è più lo stesso, non usciamo, dormiamo tardi, possiamo solo stare vicino al bagno, nemmeno un breve tragitto è possibile. Le infezioni sono state già escluse, quindi bisogna indagare. Grazie, grazie di cuore.

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  1. Mammachebrava

    Anche se non ci conosciamo mi dispiace tantissimo… ti auguro davvero che tu possa risolvere al più presto e soprattutto che Sarah stia bene! un abbraccio

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  2. Priscilla

    Maddalena spero che poi le indagini rivelino qualcosa di risolvibile. Lo spero per te ma soprattutto X la piccola. Un abbraccio fortuna

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  3. Chiara

    Mannaggia.. ricoverarla sarebbe l’ideale si, almeno veramente guardano qualsiasi poro e qualsiasi buco. Per il resto capisco il peso, la preoccupazione e l’ansia. Andrà tutto bene vedrai, ti abbraccio forte e aggiornarci

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      Maddalena Capra Lebout

      Ciao Chiara, abbiamo fatto ecografia stamattina, nulla da segnalare. Aspettiamo il prossimo passo. La situazione è invariata, ma mi solleva vedere che Sarah è abbastanza serena (fintanto che sa di avere un bagno accanto).

  4. Chiara

    Forse è davvero qualcosa di psicologico, una sorta di ansia di controllo. Ma non so,non voglio certo fare la psicologa da quattro soldi. Vorrei dirti di farti vedere tranquilla, farle anche far pipì 2000 volte al giorno, come se fosse tutto normale, cosicché senta che tu hai la situazione in mano.ma so che non è facile. Comunque prima ci sono tutte le opzioni da considerare. Passo per passo, come hai scritto tu. Forza mamma sei bravissima e ce la fai 😘

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  5. Anonimo

    Leggo la tua apprensione, sento la tua preoccupazione e la provo di riflesso anche io. Ti abbraccio e ti penso, dacci notizie, qui hai uno stuolo di mamme che fanno il tifo per te, con tanto tanto affetto!!!

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