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Altre Verità

Una prima volta

L’ORDINARIETÀ È UNA SALVEZZA CHE DURA POCO

 

Aspetto. È uno di quei giorni che l’inchiostro preme e non so dove metterlo.

Aspetto. Quello schiocco che da adesso la vita s’alza, come un grande applauso. Dov’è il mio compenso, il mio spettacolo, tra le platee del mondo?

In mattine come questa la forza debole della pace non basta più. Gironzola come un cagnaccio, il pelo rado, la coda secca. In giorni come questo la scommessa pende dalla parte del Grande Evento, delle aspirazioni che reclamano il loro tributo. Sono usciti i figli, si vuota il grembo della casa, allora fai, stai, investi. Delle tre una. Oggi alla ruota degli umori si prende il premio stare: ma con quella pretesa di una novità saliente che sbucci questo cuore, lo impazzi in una corsa fuori, il sangue vivo a fiotti, l’urgenza della gioia. Guardarsi nel mondo e sapere già che ricorderai questo giorno.

Lo scatto. Come quelli di crescita dei bambini. Ho una gran fame. Ho bisogno di novità, ieri ho chiamato mio padre sull’onda di un sussulto, così: “Partiamo il 23, andiamo a Courmayeur per Natale.” Non l’abbiamo mai fatto, Natale lì. È che poi ti aspetti la neve, il camino acceso, i figli tutti felici. Non puoi mica permetterti di sbagliare mira. Men che meno un malanno. Glielo dico, il guaio di fare lì il Natale sono le aspettative. E poi che ero abituata a festeggiare con loro, il mio compleanno. Ma non importa, ce ne sono tanti, di Natali, di compleanni.

E poi lui mi dice magari è l’ultimo. E io non rido per niente. E invece è vero, i miei sono vecchi. Sono più vecchi che eterni. Forse tra mille cazzate che posso dire su di loro o rinfacciare, questa è la sola certezza, insieme a quel loro amarmi solido, che gli chiederesti di fare bocconi piccoli, dai sbriciolalo un po’, questo amore, che così me lo infilo tutto quanto dentro le tasche, che anche se lavo la giacca le briciole restano sempre imprigionate negli orli interni, e così non le perdo mai.

Gli “ultimi” di qualsiasi cosa arrivano senza dirtelo, non ti chiedono il permesso. Va bene. A volte lo annusi. Solo che non puoi scherzarci, va a finire che l’istinto ci si appiccica su e poi lo interpreti come un sentore e cominci a pensare a un Natale senza di loro. Non fare cazzate, babbo.

Ma andremo a Courmayeur. Per quella coda spennata di questa bestia vuota. Per quei sogni che fremono e non decollano mai, che quasi preferisco quando s’acquietano, il guinzaglio della normalità,

l’ordinarietà ha un suo potere salvifico. Solo che dura poco.

Ho bisogno di novità, di un “grande”, di una prima volta.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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