Lui arriva con un’ora e rotta di ritardo, il passo cadenzato dallo scazzo. Lo accolgo come è solito mio: “Ma non doveva essere qua un’ora fa, scusi?”
 Permesso, venga, gli illustro il problema. Ha bisogno di uno straccio, di un secchio?
 E allora lo riconosco.
 È che l’altra volta erano in due, uno sfigato già dismesso dalla memoria per far posto a volti più esteticamente utili, e lui. Il naso un po’ lungo, i capelli corvini, gli occhi affilati: Verdi. Non posso scriverlo con la V minuscola.
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