SE VEDI CHE NON SORRIDO È SOLO PERCHÉ MI TENGO COMPOSTA
Sono arrivata da sola, due minuti in ritardo. Ho chiuso la porta a vetri, voi eravate già sul palco. Pochi, non tutti. Tu eri lì, forse hai sentito, forse tenevi a tiro l’ingresso, avevi visto che tra i parenti ancora radi noi mancavamo. Così, mi hai agganciata subito. Sotto le antenne natalizie di un cerchietto rosso hai steso un sorriso discreto e fiero: localizzare i genitori è il vostro più grande da farsi, secondo solo, o forse nemmeno, a concentrarvi sulle parole, le strofe parlate, le canzoni.
Com’eri bello. Tuo padre recupera Sarah nella sua classe, non posso dirtelo in labiale, solitamente non sei un falco in queste cose. Ti basto. Ci bastiamo. Come due innamorati che si beccano tra la folla. Come gli arrivi in aeroporto, tu di là di una balaustra invisibile.
Pensavo di non piangere. Sono venuta qui spuntando sulla lista: recita Patrick, fatto. Invece ti ci piglia dentro, sempre. La penombra, la musica, la solennità che è come essere in chiesa. Io sto piantata come una colonna, sembra quasi un funerale, sto seria perché sono tutta compressa, se vedi che non sorrido è solo perché mi tengo composta. Impegnata.
Ogni volta che si chiude il sipario si chiude la gola, di là si sentono le mandrie scomposte dei vostri piedi, di qua i miei galoppi.
Fate avanti e indietro, le ragazzine sono già alte, fanno mezza spanna più di voi, qualcuna ha la voce ferma, soda, altri osano appena, sono corde tiepide, come la tua, che non capisco ma non importa, penso alle tue timidezze, alle parole che abbiamo costruito negli anni, e dentro mi assale una di quelle forze orgogliose che solo le madri sanno.
Poi sorrido. Ogni volta che alzate e abbassate le mani ti curi di riaggiustarti il cerchietto. Quando fate il bis dell’ultima canzone la tua prima preoccupazione, istintiva, è controllare l’ora, il piccolo orologio che ti ho comperato. I tuoi schemi, i tuoi movimenti sempre un po’ impacciati e, forse, proprio per questo infinitamente dolci.
Sono le stesse cose che ci irritano, quelle che in altri mari dispiegano il cuore. Visto lì sei un concentrato di cose belle.
Qui è come cadere in un barile di vita: ci fai il bagno, d’amore, t’inzuppi che esci storto e nobilitato. In un colpo solo.
All’uscita già spintonano, ho fatto cinque minuti in coda col vecchio dietro che mi stampava un cinque sul sedere. Forse temeva di non arrivare vivo alla classe del nipote. Perché poi si sale. Quest’anno si va in classe, si mangia, si fa festa. E allora prima ti prendo e ti do quella stretta totale dei tuoi ossicini contro i miei che aspetto di dartela da quando dondolavi le antennine sul palco, poi guardo.
Il pupazzo di neve fatto coi bicchieri di carta, le vivande, la classe rivoluzionata per oggi, la maestra che vi ha preparato i panini con la nutella. A un certo punto una tua compagna se l’è abbracciata come si abbraccia una mamma, una zia. Ho visto cose bellissime, oggi.
Devo dirlo. Io sono una che non sta zitta, che dice al vecchio di levare la sua presa palmata, che maledice quel cretino che il cellulare ha fatto drin per venti secondi durante le canzoni, che s’inabissa per le questioni di scuola. Ma oggi ho visto cose bellissime. E ho pensato che il Natale incomincia continuamente.
Commenti 8
Che dolcezza 🙂 ne è valsa la pena!
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Davvero, ci hanno fatto impazzire per la (ben nota) poca informazione e disorganizzazione, non ultima la ricerca di maglietta rossa (non sembra ma trovarne una senza personaggi vari è un’impresa) e calzini rossi resi poi inesorabilmente invisibili da pantalone lungo e scarpa accollata… ma tant’è, alla fine ieri ho avuto una buona scuola. Piena di cuore.
Bello come lo stesso evento (o quasi) possa essere visto in modi molto diversi…
http://nativadigitale.blogspot.it/2015/06/la-festa-di-fine-anno.html
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A quanto leggo il tuo spettacolo è stato di proporzioni molto diverse! Qui hanno organizzato il tutto in vari scaglioni, un po’ per giorno. Devo dire che il clima era abbastanza raccolto, come descrivo. A parte qualche cellulare cazzuto e il solito chiacchierio all’italiana.
wow! Che emozione e che tenerezza tutto questo amore, materno, filiale e persino verso le maestre- Questi eventi, secondo me, servono a commuovere i genitori ma anche a farci scaldare i cuori,quando si capisce che l’ambiente in cui stanno i nostri figli è buono. La recita del ricciolino, invece, è oggi pomeriggio!
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E non uscirai indenne neanche tu, cara. Fazzolettini alla mano, e fiato sospeso. Un bacio!
…inutile, le feste di Natale hanno qualcosa di magico…oggi pomeriggio vado a commuovermi per la centesima volta…mi hanno chiesto “fai tu le foto?” “Fossi matta, io devo piangere!”. Un abbraccio e grazie per questo racconto!
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Da noi le foto le fanno tutti, una selva selvaggia di flash, purtroppo. Grande Francesca, comunque, la miglior risposta possibile 🙂 Buon pomeriggio, allora! Penserò a te e a tutte le altre che oggi hanno uno spettacolo. Noi avremo quello di Sarah.