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I beffardi

Sempre caro mi fu quest’ermo colle…

San Vigilio, quest’anno (l’anno scorso, l’anno prima, l’anno prima ancora…)

Una ciambella di capelli grigi sulla testa, gli occhiali (rigorosamente da vista) aggrappati al naso, i gomiti saldi sul tavolo. Un quotidiano. Il signore seduto là sotto, su quella panca al riparo del balcone, nella pensione di fronte, scruta con ingenua illusione da dove spunterà il sole. Anche questa mattina.

Due le possibilità: o non è mai stato qui, oppure crede ancora nelle favole.

Perché, checché ne dicano i ladini, cioè gli indigeni di questo posto, qui il sole esiste solo nei dépliant. Truccati. Di norma, quando si domanda loro “com’è il tempo?”, rispondono a turno “abbastanza buono, dai!” con un ottimismo che fa a gara con le guance rosse per il freddo e i capelli che “vibrano” al vento. Devono aver acquisito, col passare delle generazioni, un ottimismo tendente alla cecità, che io, povera milanese (comunque abituata alla montagna), ancora non vanto.

Di “variabile” ormai non è rimasto neanche l’umore: dopo una fase di slancio iniziale, coadiuvata da un insolito arrivo serale – ormai sei giorni fa, con tanto di tramonto romantico e stralci di nubi, sì, ma perse in un azzurro promettente – , e un attimo di disorientamento schizofrenico della serie “scommetto che il tempo si guasta e che Isabelle ci farà impazzire – Ma no, vedrai, sarà tutto fantastico, ti stupirai”, mi assesto sulla solida rassegnazione di una serie ininterrotta di:

piogge solo apparentemente intermittenti (in realtà variabili solo in consistenza, da quella fine a quella a goccioloni)
notti inframezzate da risveglio mattutino della piccola, variabile tra le 4 e le 5 mezzo, di durata tra i venti e i centoventi minuti
giornate scandite dai sonni (tentati e falliti) della fanciulla di cui sopra, ossia da tentativi di durata tra i quaranta e i sessanta minuti con esiti di successo intorno al 5 % e durata media di dieci
cene con passa-bimba-stremata a turno (e perché non hai dormito, che ne avevi bisogno??).

Sfugge fortunatamente allo stato di ormai placida devastazione, l’allegra e imperterrita festosità degli altri due, i quali, beffa al maltempo, si attrezzano ormai da soli per scendere nel giardino e inzupparsi un po’, disegnare sui fogli (ormai già finiti) che ci eravamo portati dalla città con realistico pessimismo, sfidare la forza di gravità con improbabili (e bellissime) costruzioni di lego (frutto dello stesso realismo adulto già citato), guardare un video di quelli preventivamente scaricati a pc da Mathias, oppure Spongebob in tedesco alla tv.

Guardo Sarah arrabattarsi con uno scatolone di cartone che ci è servito per la spesa il primo giorno: ci entra e lo usa da automobile. Invidio in quei capelli sottili la gioia semplice e ripenso a quando venivo in questi stessi luoghi da bambina. Certo, portavamo anche noi il lego, ci giocavo nella veranda di cui serbo un ricordo incancellabile, e forse ero più ingenua, leggera, un vapore di pensieri come queste nuvole, ma capace di sfilarsi in voli banali e felici. Però, se la memoria non m’inganna, sei giorni di fottutissima pioggia di fila, anzi sei anni tranne uno (quelli passati qui da che ho ripreso a venirci, come mamma e non più come figlia), non li rammento.

Ricordo, per contro: calzoncini da tennis bianchi per andare a lezione nel campo di terra rossa che ormai non esiste più (e neanche i calzoncini, avete indovinato…), una canotta di Snoopy, una sdraio sotto il melo della Burcia (la casa che affittavamo ai tempi), una serie incredibile di gite e vie ferrate con braghe mini, e perfino mia madre in costume da bagno, che si rinfresca le gambe al torrente poco lontano.

Ora, nella sola uscita scampata alla pioggia, due giorni fa, non sono mai arrivata neanche alle maniche corte. I giri sono rigorosamente in auto oppure con k-way e felpone allacciato fino al mento, e avessi una sciarpa e un paio di guanti non me ne priverei.
Il pic-nic di solito lo facciamo nel tinello di casa, quando andiamo a spasso cerchiamo mete con un ristorante, un agriturismo, una malga, dove poter mangiare senza essere nude prede del gelo e dell’acqua. Come in questa gitarella, quando abbiamo dovuto traslocare il pranzo ingenuamente servito all’aperto, all’interno del graziosissimo locale: Kaiserschmarren cucinati a regola d’arte che, per un attimo, mi hanno restituito il sorriso.

Le attività quotidiane annoverano: affaccio al balcone (vista sul signore col giornale, preghiera alla dea bendata che sbendi almeno un po’ di cielo, cime degli alberi cancellate a colpi di vapore, e conteggio ombrelli per strada), colazione, giro alla Despar per l’ennesima spesuccia-passa-tempo, visita alle galline della casa sotto, i bambini col cappuccio ben calcato sulla testa, e una foglia d’insalata più grande delle loro mani, che i volatili dell’aia accorrono a beccare starnazzando.

Alto Adige, il solo luogo di villeggiatura dove puoi venire in estate:
-senza creme solari
-senza fare il cambio stagionale dell’armadio
-senza depilarti e dover superare la prova costume.

Un ringraziamento di cuore ai due soli indigeni che, impietositi, hanno ammesso: “Una volta l’estate era più calda e bella, in questi anni è cambiato tutto”, dandomi ragione. Uno dei quali la signora dei Kaiserschmarren che, salutandoci, domanda “volete la ricetta?”
“E no, eh! Che se no quale buona ragione mi resta, per venire qui ogni maledetta estate?”

Da questa amena vallata (che più nessuno ormai si domanda perché sia tanto verde) è tutto. Passo e chiudo, al prossimo anno (tanto so che ci ricasco e, sospetto, anche il signore là sotto).

Alto Adige: la magia dell’inverno in piena estate!

San Vigilio, una volta…

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

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      Maddalena

      Un posto bellissimo! Ci siamo stati per nove estati di fila da bambini, poi ho ripreso con mio marito e i miei, di bambini…

  1. Mamma avvocato

    Guarda, noi in Alto Adige siamo stati due volte, in Trentino un po’ di più. La prima volta, sei gite in sette giorni, di cui tre sotto la pioggia. In una abbiamo rischiato l’assideramento per aiutare due amici più sprovveduti che ci eravamo portati dietro ma ne siamo usciti bene perché anni e anni di esperienza insegnano. La seconda, con il ricciolino otto giorni su dieci con pioggia assenti e caldo torrido, oppure caldo torrido e pioggia pomeridiano- seral. Insomma, ci aspettavamo la pioggia, perché le Alpi sono uguali, ma non il livello di caldo! Sei giorni di pioggia di fila è un po’ sfiga, però un buon trucco è cercare una località di montagna che offra, a un’ora o un’ora e mezzo d’auto, l’accesso a cittadine con qualche svago, o delle terme/piscina o simili. Ho rispost al tuo commento sul mio post, sotto lo stesso, comunque!

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