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I beffardiMaternità

Se vai via senza figli

UNA DELLE CONQUISTE CHE HO TROVATO PIÙ INCREDIBILI È STATA MANGIARE SEDUTA. MA ANCHE MANGIARE.

 

Lo sapete, sono stata in montagna a quota 1 su 3 (figli). Che non è esattamente come essere sfigliata, e nemmeno le premesse valse a spinta propulsiva per la fuga erano ottimali. MA.

Ma siamo seri: è puro pregiudizio l’idea che una vacanza, per essere vera, debba esser piena d’amore. E che l’amore necessiti di prole immancabilmente addossata ai bermuda materni.

È che ci sembra impossibile lasciare mammolandia. Non ricordiamo quanto possano essere incredibilmente piacevoli certe forme alternative di felicità ordinaria.

  1. Il bagaglio
    Sui social campeggiano post su come organizzare le valigie dei figli, oppure vignette umoristiche su come quelle cambino da prima a dopo. Avrete un guizzo al cuore, tipo farfalle nello stomaco, ad andare bellamente controcorrente, chiudendo in un solo minuscolo beauty-case e una sacca da palestra tutto quanto vi occorra. Inclusi libri che commetterete l’ardita azione di leggere.
  2. Il viaggio
    Si dice che servono tre mesi per perdere un’abitudine. Il cervello umano è programmato per risparmiare energia e dunque si attiva quanto prima nel produrre automatismi volti a velocizzare qualsiasi procedura e attività. A te basteranno tre minuti per mollare il cd della Vecchia Fattoria e smettere di girarti a vedere se stanno bene. Ti sintonizzi su Virgin radio, balli sul sedile, parli con l’eventuale accompagnatore. Oppure ascolti quella cosa che risale quasi ai tempi della tua verginità: il silenzio.
  3. Le soste
    Decidi quando come cosa. Acciuffi un Cafè Zero Algida e scendi alle toilette a braccia libere. Lasci gridare l’asciugamano ad aria che hai dismesso da secoli e grondare le mani di fanciulli non tuoi, passi intonsa tra gli scaffali con i pupazzetti M&M’s e quelle macchinine da 8 euro a confezione, le stecche di Smarties e il Kinder alto un metro. Oppure: fino a destinazione… in una sola passata.
  4. I pasti
    Potete occuparvi di voi senza soffiare fino allo sfinimento, tagliuzzare e assaggiare a fior di labbra da ogni piatto di melammina che vi circondi. Una delle conquiste che ho trovato più incredibili è stata mangiare seduta. Ma anche mangiare.
  5. Le uscite
    Prepararsi per un giro è un processo improvvisamente snello, limitato all’igiene personale e a “dove ti porta il cuore”.
  6. I bambini degli altri
    Se qua e là un’insaziabile nostalgia della progenie ti bussa agli occhi trovi sempre qualche pargolo con cui dilettarti cantilenando allegramente il sempreverde “come sono belli i bambini degli altri.” Nel mio caso c’erano i due bambini di mio fratello, il che non ha del tutto sgomberato il campo da un ancestrale richiamo alla maternità, ma mi ha concesso un sopraffino gusto di rivalsa suggerendomi una soddisfazione ancora più marcata per la mia “solitudine”. Di fatto, coi bambini degli altri, hai i diritti senza i doveri. Giochi se hai voglia, non giochi se non hai voglia. Prendi in braccio e coccoli, poi restituisci ai primi lamenti. Ridi ai loro versetti, e ridi ancora di più quando chiamano mammaaaa! e non sei tu, quando sporcano e non devi pulire, quando cagano e non devi cambiarli, quando non dormono e tu invece vai a letto senza passare dal via.
  7. Il telefono
    Non avrei mai fatto l’esilarante esperienza di telefonate in mute con le mie figlie, se non fossi partita senza. Dunque le telefonate funzionano all’incirca così: tu chiami, il marito risponde e non riuscite a parlare perché dietro senti voci acute che grandinano imperterrite sul tuo tentativo di comunicazione. Al momento elettrizzante e romantico di essere a tu per tu con una di loro fai un grande respiro ed esali il tuo “Amoreeeeeee, ciao amore mio, come stai?”, “Ehm, sì, no, Madda, sono ancora io, aspetta che ti chiamo la Sarah.” Riprendi fiato, questa volta parti con un po’ di prudenza, “Ciao, sei Sarah?” Il silenzio ti conferma che sì, trattasi di figlia. Seguono frasi semplificate (le telefonate sono una sintesi quasi imbarazzante di buona volontà materna): “Hai mangiato bene? Hai dormito bene? Cosa fate oggi / Cos’hai fatto oggi?”, il raccolto prevede monosillabi fino al quasi agognato “ti ripasso il papà.” Che tu non hai sentito perché stavi ancora… “ti mando tanti baci, fai la brava, eh? Mi raccomando, ciao amore mio.” “Ehm, sì, ciao Madda, sono di nuovo io.”
  8. I ricordini
    Quasi blasfemo dimenticarsene. Dal canto loro le figlie si sono già premurate di spifferarti “sai che ti ho preparato un regalino? Ha la forma di cuore… ehm… è rosso coi brillantini… ehm… ma non ti dico cos’è”.

Ed è su quel cuore inimmaginabile e clandestino che il tuo amore clandestino riaffiora. Va bene, adesso posso tornare.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

  1. una mamma zen

    Che bellezza! Mi hai fatto troppo ridere. Quando siamo andati dai miei al mare la settimana scorsa il primo pensiero è stato lasciargli lo gnomo e uscire. Giretto per negozi (mi sono comprata Delle scarpe provandone tantissime con calma) e poi sushi. Oooh che goduria. Chi dice che non vuole mai staccarsi dai figli secondo me mente. O sta palesemente poco bene 😂.il che non significa sbolognarli sempre, ma ritagliarsi dei sacri momenti per se. Mi hai ricordato anche di quando ero solo zia, attimi di solo gioco e leggerezza ❤

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      Maddalena Capra Lebout

      Esatto! Io prima di diventare mamma (molto prima, in realtà) andavo spesso a Oslo a trovare mia sorella: aveva 3 bimbe (ormai ragazzine) e amando i bambini alla follia ci stavo insieme tantissimo. Ricordo che mia sorella mi ringraziava per l’aiuto che le davo. E io non capivo: “Come “aiuto”? Ma se è bellissimo occuparsene!” Qualche anno dopo avrei capito l’incommensurabile differenza tra curare i figli propri e quelli degli altri 😉

  2. mammamedico

    quelle rare volte che riesco a essere senza figli non sopporto quelli degli altri. e ho iniziato a capire gli sguardi disperati di coppie o coppiette quando ci vedono entrare ad esempio al ristorante in un gruppo di famiglie, dotati di prole rumorosa

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