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Altre Verità

Quando tutta questa storia sarà finita

Ho nostalgia dei primi tempi, quando la paura era custode e non dittatore. Quando l’altro era la nostra cura e non il nemico. Quando ci guidava la speranza, la fiducia. E non la polemica. Quando chiudersi in casa era una scelta di coraggio, magari ingenuo, o perfino di amore.

Non posso esimermi da un sentimento che ha un solo nome, e mille espressioni: delusione.

Quando tutta questa storia sarà finita serviranno giorni e poi mesi. Cominceranno i primi anniversari, le celebrazioni di salme seppellite come nemmeno facevamo coi vermicelli, con gli insetti rubati ai cortili da bambini.

Serviranno pianti nelle cucine le sere che i soldi sono finiti, e donne che hanno perso il posto: posate ai davanzali in un tiro di fumo, e poi sui computer a mandare curricula.

Quando tutta questa storia sarà finita qualcuno raccoglierà documenti, un regista inventerà un film. Avranno un sacco di materiale.

Sembrerà lontano quell’arcobaleno che inzuppava i muri delle case, sembrerà lontano quell’Inno d’Italia sgolato alle finestre. Sembrerà lontana l’Italia.

Quei primi soccorsi di cuori congiunti, di fraternità che si sentiva correre nel silenzio della quarantena. Quello sarà stato dimenticato, lo è già.

Abbiamo chinato ossequiosi le schiene e le teste. Abbiamo obbedito.

Poi è stata la scomodità del tempo, in quella dello spazio. I mesi si facevano troppo lunghi per dirci ancora stiamo bene. Non siamo più stati sereni e ignari, siamo diventati vittime. Di un isolamento che mentre ci scarnifica, però – ancora – subiamo, accecati, come una religione, perché abbiamo quel jingle in testa e nei commenti dei social: «Se esci finisci intubato». È stata caccia al trasgressore, eravamo così ipnotizzati da dimenticare i nostri diritti e quelli dei bambini, e concentrare le forze sul dissidente che esce senza la scusa d’una spazzatura; non avendo altro, trasformare il bisogno di qualcosa in godimento per averlo avvistato e fermato.

Non potendo acchiappare il virus abbiamo deciso che qualcun altro sarà il «cattivo».

Infine, spero, sarà responsabilità. Ci sveglieremo uno ad uno. Da questo torpore dei cervelli, da questa umanità svestita. Da questa finzione servile che «ai cuori basta poco» e che alle menti bastino le spiegazioni ufficiali. Dalla supremazia incivile dei corpi da curare e preservare.

Salme dentro case.

Quando tutta questa storia sarà finita ricorderemo foto scattate a testimoniare fantasie dei figli e giorni di sole aggrappati alle persiane. Fiori che non possiamo raggiungere, spese travestiti da criminali per il bene di tutti. Affetti che barcollano in tentativi insufficienti.

La teoria dell’adattamento in questo zoo al contrario.

I medici. Chi li gridava eroi, chi insultava la medicina.
I virologi, stonati tra loro in un pentagramma imprevisto e imprevedibile.
La normalità di perdere la normalità.
Le polemiche.

Gli altri Paesi che hanno chiuso dopo di noi, e prima di noi hanno riaperto.

Quando tutta questa storia sarà finita raccoglieremo quello che abbiamo inventato e quello che abbiamo perso. Qualche famiglia sarà stata sbeccata. Amori si saranno slentati o, forse, avranno avuto il coraggio di un non ti amo a lungo rimandato.

I bambini ricorderanno ogni cosa.
Ognuno ricorderà ogni cosa.

Forse avremo scoperto un angolo di noi stessi. Forse, invece, saremo ancora più suscettibili e gelosi.

Ognuno sceglierà in quale ordine disporre le pedine dei sentimenti. Chi davanti, chi primo e chi ultimo. La memoria sarà il solito vento che, poi, le ridisegna.

Quando tutta questa storia sarà finita ci sembrerà impossibile non che sia finita, ma che sia cominciata.

Ci chiederemo in quale punto l’amore presunto è diventato rapimento, la salute tirannia, l’obbedienza ignoranza, e l’attesa paralisi.
Quando tutta questa storia sarà finita ricorderemo, più di tutto, di essere scappati.

 

[Foto di Mariagrazia Francot]


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Commenti 5

  1. Lorenzo

    Ciao Maddalena. In questi giorni ti leggo e sento la tua delusione. Mi sono chiesto il perché. Perché Maddalena vede tutta questa ingiustizia nel modo in cui si è gestita questa emergenza sanitaria? Condivido il tuo pensiero che i bambini sono stati dimenticati. Abbandonati.
    Ho voluto leggere allora le risorse che hai postato. Persone che scrivono da città che conosco bene. Monaco di Baviera è quasi una seconda casa. Ed allora capisco. Capisco anche che vivo in una città, una provincia, molto più vicina al mondo tedesco che a quello italiano. Mi rendo conto di non essere stato bombardato dalla malainformazione perché ho la fortuna di riconoscerla e perché non guardo la TV. Non leggo i giornali. Mi informo senza credere a nessuno. Mi creo la mia opinione. Ho sempre fatto così. Oggi abbiamo passeggiato tutti e 5 insieme e ho rivisto quello che è stato descritto di Vienna. Allora ho capito perché sei così delusa. Ed hai ragione di esserlo.
    Quello che mi preoccupa sono i tempi di reazione nel trovare soluzioni. In questo vedo l’Italia lenta. Riusciamo sempre a complicarci la vita. La via della semplificazione non viene mai presa.
    Un caro saluto
    Lorenzo

    1. Post
      Author
      Maddalena

      I tuoi commenti sono sempre accorati e con tanti stimoli. Sono delusa ma anche preoccupata. Qui adesso si parla perfino di non discriminare gli anziani e di farli uscire come tutti, quando le misure saranno allentate, il 4 maggio, pena l’anticostituzionalità. Viene citato l’articolo 3 della Costituzione, quello che io stessa ho riportato in una lettera alla Regione già settimane fa, ma a proposito dei bambini: insomma è anticostituzionale lasciare i vecchi in casa (che sono quelli da proteggere), ma non i bambini. Ci deve essere un modo. E poi noi. Tutti. La quarantena, lo leggo da certi commenti, è stata presa da molti come acqua santa, e non sanno più uscirne. Alcuni lettori mi dicono che staranno in casa fino a settembre. Ci rendiamo conto di quello che hanno prodotto? Tu poi devi tener conto che il problema noi lo viviamo doppio: quello dell’Italia, e anche quello della Lombardia, il posto peggiore al mondo per ragioni di cui nessuno si accerta, e dove anche la quarantena è violenta. Sì, credo che “violenta” sia la parola giusta. So che non devo stare zitta. E’ l’unica cosa che posso fare: comunicazione. Ma i bambini sono l’aspetto che mi preoccupa di più. Un abbraccio. PS: la mia luce non si spegne, ma c’è un tempo per ogni cosa, io non sono infelice, anzi. Ma una cosa non esclude l’altra.

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