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Altre Verità

Prossima fermata io

IL CUORE MICA HA COSÌ FREDDO. HA FREDDO SOLO SE LO TIENI NASCOSTO

 

Un «ritiro», io, non lo facevo dai tempi che accendevo ceri e cantavo al coro della chiesa. La parola «spirituale» si allaccia subito a mia madre, ai catechismi, alle dottrine e i dogmi. Invece se da un po’ hai l’anima che ti fa il solletico tra le costole, a un certo punto, tra un coach e un altro, ti viene da farti un giro vero, dal vivo.
Mi sono presa questo tempo alle porte di Milano, il workshop si chiama Tutta un’Altra Vita, volevo misurare ed esercitare quelle cose che studi. Come quando ti han detto che per sciare devi tenere il peso in avanti, aprire le gambe a spazzaneve. Ma poi devi farlo, no? Di toccare la neve, di provare gli scarponi.

La sala è grande e calda, la gente arriva. Io tremo. Passerò ore in difesa come è solito mio quando a comandare è la gamba della paura, che vorrebbe andarsene. Mentre l’altra, quella che mi ha portata, adesso sta accavallata e zitta. Lucia è una Donna che se le metto la d piccola scommetto che word me la corregge. Bella. In tutti i sensi. Una volta c’era il prete, adesso abbiamo i coach, i maestri. A me piacciono, più dei terapeuti, perché hanno tutti una storia, perché

a venire giù l’hanno imparato sui pendii e nei fuoripista. Non solo sui libri. Sulle proprie ferite, sbucciature, sui giorni che forse somigliano a tanti dei miei.

E infatti qua e là inserisce un aneddoto, qualcuno mi colpisce anche troppo. Ma al cognitivo delle parole, che viaggiano tra concetti ed emozioni, segue sempre una parte di raccoglimento, di meditazione o visualizzazione. E poi una esperienziale: condivisione in coppia o in piccoli gruppi. Esperienze col corpo, appunti, carta e pennarelli che segnano la vita fin lì. La vita da lì in poi.

Ripenso a quei ritiri da ragazza e la grande differenza è che non si prega. Ci sono le lodi, questo sì: solo che impari a farle a te. Si chiede perdono, ma è un dono a te, non una grazia a chicchessia. Ti serve perché meriti spazio, e devi lasciar andare i nodi che nessuno disferà per te. Il rito che viene ripetuto più spesso è l’abbraccio. La direzione di tutto sei tu. Sono io. Siamo ognuno di noi con la propria irripetibile storia e unicità. Con più benevolenza che colpe, più fiducia, che rimorsi. È questa, la rivoluzione: nessun amore sarà amore se impartito.

Dio non si chiama Dio, ma la scintilla della Vita, anche se la riconosci a partire da te, e poi dal tuo compagno, e poi la senti espandere… non è forse un Dio al contrario, che viviamo a partire da noi?

 

Ho fatto tutto il primo giorno chiusa nei miei vestiti, sempre il peso un po’ indietro, sempre cercare di uscire indenni, di proteggere cosa. Una colpa, una vergogna. Di essere: quello che sei. Perché di fatto

collezioniamo medaglie, da sempre, ognuna recita: «Non sono stata questo», «Non sono stata quello», «Non sono riuscita a».

Ce le mettiamo puntate come spille, diventano nostre estensioni. Non te ne accorgi nemmeno. E invece sai che smacco incominciare tutto da capo: tu entri in quella grande stanza, le travi reggono un soffitto arioso e sicuro, i mattoni dicono di storie e di anni, e tu invece nasci adesso. Sono nata da capo dicendo: «Sono Maddalena, vengo da Milano, e una cosa che mi piace di me è scrivere». In un altro esercizio avevi tre minuti per dire tutte le cose che ami di te. Non ho fatto fatica a trovarle. Io scivolo nelle mie cave, logoro i gomiti, a rialzarmi: ma, giuro, non ho fatto fatica a dire quello che amo di me.

Dovremmo dirle sempre, per prime, queste cose.

Siamo quello che amiamo.

 

Non lo so dire, in quale punto esatto e se ci sia stato un punto esatto: ma nonostante il pudore, la mente che si difende, il riserbo, dopo un po’ non c’era più niente che potessi. È un po’ come quando andavo a ballare: arrivava il momento che staccavi le chiappe dal muro e ti buttavi in pista. E non è che ti buttavi proprio: avresti giurato che era stata la musica, che a un tratto era venuta la canzone giusta, che le tue gambe erano andate in mezzo da sole. E ballerai fino al mattino.

E così l’energia ha vinto.

La paura è la faccia impacciata, la bocca chiusa, della stessa energia che ci muove irresistibile.

Ho raccontato cose, ho ascoltato verità intime, da persone che non avevo mai visto. Ho stretto corpi nuovi, ho dovuto, mio malgrado, arrendermi alla forza e al bisogno di contatto.

Ho visto quante potenzialità ha l’essere umano, perfino di comunicare con una mano, senza parola né occhi. Noi ci stupiamo di aver costruito ponti, autostrade sospese, computer giganti riassunti in minuscoli microchip. Abbiamo enormi apparati e conquiste: vaccini, farmaci, ritrovamenti preistorici, esplorazioni dalla mente umana alle praterie, ai fondali marini. Il cosmo e le sue flotte di stelle, le galassie, le cause che ci raggruppano e ci dividono, le disquisizioni filosofiche, il nome che deve avere Dio. Ma domenica ho scoperto che due mani bastano a raccontare una storia. Senza una voce, un suono, gli occhi bendati.

Il senso di connessione è stato intenso e magico: perché noi lo siamo. Connessi e magici. Nei bambini è più chiaro, non sono ancora scesi come i torrenti, non hanno raccolto sabbia e sassi, non hanno sfrangiato rive, addomesticati dalla superbia dei grandi. Eppure siamo lo spettacolo di una vita che ci trapassa tutti: l’essere umano è incredibilmente ricco e sorprendente, anche quello adulto, che ha comunque sempre dentro un bambino.

L’adulto è un bambino che aspetta di essere ritrovato.

Bisogna sbucciare il cuore da tutto quello che ci abbiamo messo su. Il cuore mica ha così freddo. Ha freddo solo se lo tieni nascosto.

 

[Photo by Ksenia Makagonova on Unsplash]

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 3

  1. Mamma Avvocato

    Racconti di una esperienza forte, intensa. Bella. Per te. E’ giusto ripartire da sè, ricordarsi di chi siamo. Io ogni tanto lo faccio, seppur in altri modi rispetto al tuo. Però forse sarebbe utile per tutti anche quello.
    Neanche io avrei difficioltà a scrivere cosa amo di me, però a raccontarlo un pò sì.

    1. Post
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      Maddalena

      Brava, Giulia, si dice sempre che serve conoscere i propri limiti, ma conoscere le proprie virtù è fondamentale e ci innamora di quello che siamo. Bisogna anche saperle declamare in pubblico o in piccoli scambi tra pochi: da piccoli non avevamo alcuna difficoltà a dire “guarda come sono bravo!”

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