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Altre Verità

Perché non hai pianto, quella volta?

CIÒ CHE NON LASCIAMO COMINCIARE NON AVRÀ MAI FINE

 

Perché non hai pianto, quella volta?

Chi ti ha detto che non avresti potuto, e quale vergogna ti ha preso la bocca più di una mano?

Perché non hai pianto, quella volta? Ai margini del campo, di un terrazzo, di un tempo che gli altri non hanno visto…

Hai messo in pausa te stessa e in posa una difesa. Era più importante nascondere.
Nemmeno sentivi le voci possibili, sei rimasta ancorata a un pallone, le braccia lungo il giaccone.

In quel limbo dove vorresti qualcuno a chiederti cos’hai e, intanto, che nessuno domandi.

Sei rimasta attaccata alla parete, i compagni che girano una bottiglia e sai che nessuno vorrà baciarti.
Sei scappata prima che il professore incalzasse e ti sei chiusa in una chiesa.
Sei restata sul muretto dopo che la scena si è scomposta e hai messo gli occhi su qualche semaforo, contavi quanto mancava al verde per tenerli occupati.

Perché non hai pianto, quella volta? Perché non ti sei ribellata a queste facce di cera e a quello che si aspettavano? Perché non hai tirato calci e pioggia e sentire il coraggio di essere rabbia e poi pezzi?

Hai chiesto a un cuscino di zittirti, hai cercato il contegno: perché hai aperto un frigorifero, acceso una TV, una sigaretta, una canzone che si portasse via tutto?

Ogni pianto che hai rifiutato è un rifiuto a un pezzo di te.

Aspettiamo sempre che sia incontenibile, diamo il punteggio ai dolori, ai torti, alle offese, alle paure: bisogna che siano alte come alberi secolari, che adombrino tutto, allora possiamo, allora si guadagnano il podio del concesso.

Perché non hai pianto, quella volta? Sotto quel banco a scuola, dentro un paio di guanti verso il metrò, in un vagone per un luogo che non vuoi più, davanti a quel volto stabile di tua madre, dietro a quell’uomo che se ne va, accanto a un’amica che non sa capire e in fondo alle scale di un palazzo? Nel chiasso delle giostre, in quella lattina che vi passavate e nell’ultimo giorno di stelle…

Per un buon motivo e per nessuna, valida ragione.

Avresti imparato, col tempo, che nulla si diparte. Niente se ne va, ogni cosa rimane, e un giorno dovrai tornare a prenderti. Avresti imparato che puoi non piangere solo se piangi. Qualcuno sarebbe venuto e senza proferire parola ti avrebbe stretto proprio dove le guance volevano bagnarsi. E se nessuno l’avesse fatto, la tua mano avrebbe imparato a raccoglierti.

Per un attimo avresti pensato se inizio non smetterò mai: la verità è che ciò che non lasciamo cominciare non avrà mai fine.

 

[Photo by Frank Busch on Unsplash]

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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