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Altre Verità

Non è vero che amo i bambini

EPPURE SOTTO DEV’ESSERCI QUALCOSA. L’ARGENTO

 

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C’era un gruzzolo di vestiti, sotto uno degli scivoli al parco. Una sacca blu, di quelle che si usano per andare in palestra. Aperta, accasciata.

Mi sono figurata un paio di storie, i miei giri mentali. Isabelle tirava dritta per le sue piccole felicità, non interroga, corre. Sullo scivolo al contrario, raggomitolata, fa la coccinella dice, poi il ragnetto.

Quando sono arrivati loro le avevo appena detto adesso andiamo. Ho pensato per fortuna. E per fortuna lei mi ha obbedito.

Raccolgo la bambola dalla panchina.
– Quella è mia.
– Non è assolutamente vero.

Sono ferma. Davanti a me una bambina con una bocca dura, dove i denti definitivi hanno già spodestato quelli da latte.
Dietro, un nugolo di altri ragazzini, nessun adulto. Rom. Figli della strada. Di quei panni, penso. Di quella borsa blu che però non vanno a toccare.

Mi fermo fuori. Sono venuta via istigata come da una piccola paura. Lieta e grata che Isabelle fosse docile e remissiva al mio comando. La sua bambola in braccio le cade appena superata la recinzione, sulle foglie delle querce. La sua bambola salva.

Non è vero che amo i bambini. Amo i miei. Amo i piccoli che sditano saluti dai passeggini. Quelli che appannano i vetri delle macchine e si sbracciano. Quelli carini, allegri. Buffi nei loro vestiti colorati.

Questa è terra bruciata. Facciamo il bonifico alle associazioni onlus, diamo il 5 per mille all’Unicef, adottiamo un piccolo africano a distanza. La distanza va bene. Poi trovi una bambina con la faccia di terra, due vetri severi di occhi rotti. E scappi. Fuori.

Ho due gingilli, sotto al passeggino. Un piccolo galeone e una scavatrice. Faccio scegliere a Isabelle. Il galeone: lo cede più volentieri.
Torno dentro con lei.

È come una frana, quando ami la montagna. Uno stagno putrido, per chi ama l’acqua. Eppure sotto dev’esserci qualcosa. L’argento.

Li chiamo: – Bambini!

Nessuno risponde. Devo ripetere due o tre volte. Allora arriva il più piccolo. I capelli schiacciati di sporco, di umido. Gli allungo quella barca a ruote di plastica.

– Grazie.

Si sono accorti di noi. Come di un buco nella nebbia, un gesto nel nulla, un’azione. Lei arriva con un sasso in mano. Com’era grande quel sasso! Come due dei miei pugni uniti insieme.
– Volevo quella – addita la bambola.

Adesso ho paura. Quel sasso.
– Lascialo giù.

È ancora nelle sue mani. Un istante: addosso a me. L’ospedale. Isabelle, lei. Mi sentirò in colpa per sempre. Non dovevo immischiarmi.

– Fate un po’ per uno con la barca.

Non so se hanno capito. Lei sì, adesso si lamenta che la vuole lei, gli occhi sono il fondo di quei vetri, sono schegge di un rosone senza chiesa. Opachi. Spaventosi. Disabitati e cattivi.

Nessun bambino può avere quegli occhi.

Tira uno sputo secco sullo scivolo, poi sale. Lo stesso scivolo dove cinque minuti fa giocava mia figlia. Il sasso ancora in mano, glielo ridico, lascialo.

Il piccolo sta già giocando col galeone, si è trovato un posto per terra, per conto suo.

– Dov’è la vostra mamma?
Nessuno risponde. Alle due parole con cui crescono i piccoli, le due parole che animano la nostra quotidianità, le due parole più ovvie, banali, calde eppure scontate: “bambini” e “mamma”, nessuno ha risposto.

Mi allontano. Un altro di loro le ha preso quel sasso. Teppisti. Invece lo lascia cadere nella siepe, oltre la staccionata. È l’ultima cosa che vedo.

Vengo via pensando a quello che ho lasciato: uno stupido galeone con le rotelle.
Non ho la felicità del gesto. Non l’ho fatto per amore. Né per nobiltà d’animo, per umanità. L’ho fatto perché non accettavo il disagio. Perché sotto dev’esserci l’argento. Volevo trovare un bambino, dentro ognuno di quei bambini.

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Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 5

  1. Mamma avvocato

    Purtroppo, io credo che l’argento sia solo sotto i bambini piccolissimi e neanche sotto tutti. Perché non siamo tutti uguali, anche se ci piace pensare ai bambini come essere sempre innocenti, dolci, buoni e malleabili. E invece, sanno essere anche cattivi, egoisti e molto altro. Perché assorbono ciò che vivono, perché nascono così (indipendentemente dalla famiglia e dal ceto sociale), perché ce ne sono di belli e di brutti d’animo come gli adulti. La differenza, e’ che con i bambini si può sempre fare un tentativo per tirare fuori l’argento, per trovarlo, sperando che ci sia. Vale la pena farlo, anche se poi non si trova.

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      Maddalena Capra Lebout

      Interessantissimo commento… Forse io sono ingenua, ma credo che i bambini abbiano tutti quella luce. Si perde crescendo, e si perde prima in quelli costretti a crescere in fretta. Non tutti siamo uguali, eppure, io credo, siamo meno diversi di quanto crediamo.

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