Maternità

Ma siamo ancora qui

AUGURI ALLE MADRI

 

Abbiamo fatto tante di quelle lavatrici e cucinato pasti come mai avevamo fatto, in questi mesi. La casa non aveva i segni delle scarpe ma accumulava tutta la polvere di bambini e abitanti che di solito orbitano, entrano ed escono.

Abbiamo ascoltato notizie e mentito ai figli: «Va tutto bene, amore mio».

Le sere ci pareva che non fosse possibile: abbiamo imparato il miracolo del piccolo. Noi madri siamo maestre del piccolo. Piccolo è stato il primo gesto, minuscolo il primo abbozzo di quei figli, invisibile. Piccolo è il sorriso e il sonno. Piccole le mani. Piccola la testa. Ci pareva impossibile che un piccolo ancora più inafferrabile governasse il mondo, le scelte, le case in cui barricarci, le ore e le espressioni sui nostri volti.

Eppure in quei corpi minimi abbiamo respirato le boccate più grandi.

Abbiamo aspettato a uscire dalle stanze, ci siamo corrette il viso, riaggiustate la bocca. Abbiamo soccorso bambini rotti in liti tra fratelli e attenzioni insufficienti. Abbiamo imprecato per questi figli sempre intorno, abbiamo lavorato interrotte così spesso da voler scappare. Ci siamo sentite in colpa, ci siamo sentite poco.

Abbiamo giudicato madri che urlavano o alzavano le mani. Poi: abbiamo urlato, abbiamo alzato mani.

«Vattene, adesso lasciami!»

Le stesse frasi che ci siamo permesse, fanno poi eco nei figli, ce le rimandano a boomerang. Allora capiamo la loro involontaria malvagità.

Abbiamo minacciato di non cucinare più, di sparire, di mollare tutto.

Ma non abbiamo smesso di cucinare, non ce ne siamo andate. Siamo sempre rimaste.

Mentre tante di noi scleravano per una convivenza coatta, qualcuna diventava madre in questo tempo di trincea, altre baciavano i figli ai cellulari e si tenevano in stanze segregate, correvano nei loro lavori, e mai avrebbero creduto che amare volesse dire allontanare.

Siamo state costrette a ridisegnarlo, l’amore.

Ci sembrava di averlo capito. Di essere esperte. E invece abbiamo dovuto reimpararlo.

Abbiamo discusso le une con le altre. Spesso: le une contro le altre. Per questi bambini senza corse né amici, senza uno scivolo sotto le gambe. Per le scuole da riaprire. Abbiamo rovesciato sulle altre, come è umano, il nostro stesso sconcerto. Aggrappato alle polemiche, alle grandi cause, ai diritti, un disagio che solo la notte spegneva. Forse, nemmeno.

Abbiamo contato i giorni, per un lungo tempo pensavamo solo a ritornare alla normalità. Poi la tragedia ha fatto silenzio, si è impugnata il mondo. Non c’è più stato spazio per il sogno, c’era da tener duro.

Ma non abbiamo mai smesso: quel filo sottile di essere madri qualunque cosa accada. Di rispondere a quelle vite che chiamano.

Senz’aver fatto nulla di eroico per meritarle, eppure eroiche. Senza aver fatto nulla di perfetto, ma sempre il meglio.

Qualcuna non ha una madre da salutare, oggi. Qualcuna è costretta in un angolo di sé, nel volto obliquo della sorte, di qualche guaio che non si scioglie in un figlio, in un bacio, in un sogno.

Ma siamo ancora qui. E siamo ancora madri. I figli sono la Vita che, ininterrottamente, ci ha scelte.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

Commenti Facebook

Lascia un commento