Altre Verità

Lockdown generazionale: cura o ingiustizia?

PER OTTO MESI AVETE CONSIDERATO PURA IDEOLOGIA BATTERMI PER I VALORI: LA GENTE MUORE, QUALI VALORI? MI DICEVATE.
MA ADESSO CHE QUALCUNO VENTILA L’IPOTESI DI UN LOCKDOWN GENERAZIONALE, DI COLPO SFODERATE VALORI E MORALISMI

 

Non fraintendetemi.
Non ce l’ho con gli anziani. Li abbraccerei uno a uno. Sono bambini arrivati al capo opposto dell’esistenza. Solo con molte storie da raccontare. Sono la tenerezza di bocche fragili, di mani incerte. Mi direte: “Ma guarda che molti over settanta sono più in forma di un trentenne”. Avete ragione. Molti “anziani” hanno una vitalità, una grinta, si caricano nipotini in braccio, vanno a prenderli e portarli, lavorano, accudiscono, si appassionano di cose, nascono ogni giorno. Con la pernacchia ai becchini già pronti.

Allora dove sta, il problema?
Se sono vivaci, sapranno reggere un ipotetico isolamento. Hanno molte risorse.
Se sono fragili, dovranno essere protetti. La loro risorsa è la protezione.

Siamo tutti d’accordo che in questa situazione ci troviamo non perché qualcuno beve una birra con la mascherina al gomito, ma perché non si è arrivati pronti. Non si era pronti alla prima bufera. Pierino gridava al lupo al lupo, ma non gli hanno creduto. Pierino grida sempre. Ma il lupo è tornato.

Solo che questa non è una fiaba.

Allora, mentre giustamente, doverosamente, ci facciamo sentire e tremiamo ad ogni Dpcm, ricordiamoci una cosa semplice: c’è quello che c’è. Purtroppo.

Inutile fare teoria. Inutile fare con ciò che non c’è.

Quella di una nazione sana, o di un’immunità di gregge, o di un vaccino salva tutti in un mese, o un rosario recitato ad alta voce che improvvisamente ripulisce da ogni virus, sono possibilità che NON abbiamo.

Usiamo le nostre energie, invece, per ciò che è possibile. Che è possibile almeno valutare.
Perché così stanno le cose. Che piaccia, o meno.

Negli ultimi otto mesi – chi mi segue lo sa – mi sono battuta per la Vita. Ma la Vita non nel senso di sopravvivenza, ma di “Vivere”. Per mesi la sola costante indotta dai media e dal Governo è stata: “Proteggersi”. La nostra esistenza (quella di tutti) è diventata schivare e prevenire i contagi da covid. Costi quel che costi.

Per mesi (fatta eccezione per la parentesi estiva) la priorità è stata solo una: limitare i contagi.
Che fossimo d’accordo o meno.

In nome di questa priorità sono state chiuse le scuole, senza evidenza dell’utilità di tale misura. Sono state fermate attività, sono state messe in difficoltà famiglie intere, sono aumentati i casi di violenza domestica, di obesità, di dipendenza da internet, di disturbi psicologici a ogni età, di ritardi di sviluppo nei bambini, di aggressività. Di disagi.

Per me, come per molti altri, queste misure sono state discutibili. Ma non siamo medici né esperti e, soprattutto, siamo persone accorte e responsabili: perciò abbiamo messo in atto tutto ciò che ci è stato chiesto, anche quando palesemente in disaccordo con la nostra opinione da liberi cittadini.

Ciononostante, in tutti questi mesi, non abbiamo smesso di dirlo:

quando la prevenzione non è più solo un mezzo, ma diventa lo scopo di tutto, allora stai facendo della paura il tuo padrone. Vuol dire morire un po’, prima ancora di essere morti.

Questo, per me, non è Vita: questa, per me, è “paura”. Inevitabile paura, ma quello che è evitabile è di farne il solo perno attorno cui ruota l’esistenza di tutti.

Ma la prevenzione era la sola e unica unità di misura. L’avete ripetuto per otto lunghi mesi.
E adesso che, quella stessa misura, la adotto riguardo gli anziani, in un’ipotesi infelice come tutte le ipotesi sono infelici, ma forse necessaria a evitare di peggio, parlate di “ingiustizia”.

Per otto mesi avete considerato pura ideologia battermi per i valori: la gente muore, quali valori? mi dicevate.
Per otto mesi avete fatto una campagna costante di minaccia. Perché quel “lupo” fosse la sola variabile da considerare.

Ma adesso che qualcuno ventila l’ipotesi di un lockdown generazionale, di colpo sfoderate valori e moralismi. Di colpo, la Vita torna a essere qualcosa che merita di essere vissuta al di là della prevenzione a tutti i costi.

Di colpo, quando si parla di anziani, non vi va più bene che tutto ruoti intorno alla paura e alla prevenzione come unica religione.

In quale momento, avete deciso di fare spazio agli altri valori? Quegli stessi valori ignorati per mesi, ignorati per i bambini, i ragazzini, gli imprenditori, i lavoratori, i liberi professionisti, le donne, i meno abbienti?

In quale momento?
Se la prevenzione è il diktat, perché parlare di “ingiustizia”?

Fino a poco fa mi pareva la chiamaste cura: “Lo fanno per il nostro bene”.
Fino a poco tempo fa, mi avete assillato chiamandola “responsabilità”.

Dire al tuo anziano genitore: “Stai a casa, non voglio che corri rischi”, è diventato improvvisamente ingiusto?
Lo stiamo facendo per proteggerli, o per segregarli?

Perché qui mi pare si faccia un uso facilmente ideologico di qualcosa che ideologico non è.

Da che mondo è mondo esistono categorie, fasce, persone più deboli. Da che mondo è mondo un anziano, un malato, hanno protocolli particolari. Mio padre, come molti, prende un farmaco per abbassare la pressione, ha una valvola cardiaca ricostruita, ha avuto un ictus anni fa, e molte cose, per esempio quei lunghi giri in bici per i colli alpini, non le può più fare.

Decidete, prima di puntare il dito gridando allo scandalo e all’immoralità, se un eventuale lockdown delle fasce più anziane sia ingiustizia o cura.

Perché cambiare interpretazione a metà dei giochi è lecito. Ma almeno: ditelo.

 

Pensieri rotondi

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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