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Maternità

Lettera ai Professori

PROVATE A SMETTERE DI SOMIGLIARE A CHI ERAVATE E A DIMENTICARE LA SCUOLA PER COME È SEMPRE STATA

 

Gentili Professori, Gentile Dirigente,

i nostri ragazzi hanno forzatamente rinunciato alla scuola in presenza per sette mesi. La prima partita di didattica a distanza ha visto un grande impegno da parte vostra e loro: colti impreparati abbiamo tutti cercato di barcamenarci. Non è l’ideale, traslare l’insegnamento frontale – già di per sé poco innovativo, difficile da seguire nonché di dubbia efficacia – dalle aule e dalla presenza in carne e ossa, a un monitor. Converrete che mantenere l’attenzione di un’intera classe sia in questo modo e in questo momento ancora più difficile.

Ora, il primo giro è andato come è andato: si era parlato di spazi aperti, di parchi e luoghi pubblici offerti dal Comune per evitare zelanti regole di distanziamento. Si è ripetutamente detto di quanto i ragazzini non siano categoria a rischio. Si era anche ribadito che «mai più: la DAD non si ripeterà, la scuola sarà in presenza». Di tante promesse, ai ragazzini non è arrivato nulla.

Siete più bravi di me a mettervi nei loro panni, io sono solo una madre di tre, voi vi relazionate con centinaia di alunni, di bambini, di piccoli, prodigiosi esseri umani.

Mi chiedo quale insegnamento traggano da una situazione di promesse disattese, da questo clima generale di paura, dalla responsabilità – perché altra definizione non può essere data – di doversi accollare la salute dei più fragili e degli anziani: perché, di fatto, i ragazzini non rischiano nulla col covid. Siamo noi adulti, che chiediamo loro di rinunciare a tutto perché noi abbiamo paura. Noi: non loro.

Ma eccoci al secondo round. Il massimo che è stato fatto è acquistare dei ridicoli autoscontri chiamati «banchi con le rotelle», imporre agli alunni di non alzarsi mai dal banco, nemmeno a ricreazione. E, non contenti dei risultati, stringere ulteriormente il cappio, riportandoli davanti a un computer.

Non è colpa vostra. Non è colpa mia.
Però: non è colpa, nemmeno, loro.

La DAD non è scuola. Lo sappiamo. Lo sapete. Meglio di niente, forse: lascio a ognuno le sue considerazioni. In ogni caso questo abbiamo, mentre ci attiviamo per una sorte migliore di migliaia di ragazzi, dobbiamo fare con quello che abbiamo. Fare con quello che non abbiamo, all’uomo riesce ancora difficile: forse, però, riesce ai sognatori.

Allora, se al primo giro ci siamo improvvisati, vi siete improvvisati, io vi chiedo adesso la disponibilità a un impegno diverso. Non maggiore, ma diverso. Un ragazzino che si distrae davanti a uno schermo non ha colpa. Un ragazzino di dodici anni costretto per cinque lezioni di fila (oltre quattro ore) seduto davanti a un volto digitale non ha colpa. Un ragazzino annoiato non ha colpa.

Nell’infelicità della situazione voglio credere che si possa scovare un filo che apre porte, e che dietro porte si trovino occasioni:

per una didattica non più tradizionale, non più fatta di minacce, di controlli, di pure nozioni sui libri, di ragazzini seduti immobili. Ma una didattica che si reinventa. Magari meno ligia al Programma, ma creativa, coinvolgente. La minaccia è lo strumento di chi non ha fantasia. Lo usiamo tutti, lo uso anche io come madre: quando sono esasperata e non ho più assi nella manica. Eppure

rimboccarsi le maniche non vale a nulla, se non scoviamo i nostri assi.

Da due giorni sento alcuni di voi ripetere alla classe di mio figlio: «Chi spegne la videocamera sarà sospeso».

Oltre a trovare poco educativo questo monito, mi appare anche poco rispettoso verso i ragazzi, e verso la professione. Sono sicura che esistono modi più efficaci di tenere gli alunni davanti a un pc. È la vostra occasione. Scavalcate i sussidiari. Ve ne prego. Usate oggetti veri, storie vere, aneddoti, film.

Fate scuola in modo diverso, completamente diverso: è già tutto diverso. Lo è già! Inventatevi qualcosa, stupite gli alunni, riscattate la sorte. Avete il potere e le capacità per farlo. Provate a smettere di somigliare a chi eravate e a dimenticare la scuola per come è sempre stata.

Siate audaci, siate sorprendenti, alzate quei ragazzini a fine ora non con una fila di compiti assegnati, non con l’onere di essere arrivati a pagina n., di aver fatto le tappe di un fantomatico Programma, ma fieri di aver acceso un sorriso, un piccolo entusiasmo. Essere in DAD non vuol dire rassegnarsi all’ovvietà di lezioni noiose e minacce. Essere in DAD vuol dire diventare allora ancora più creativi. Non avete scampo. Uscite dall’ovvietà che le lezioni annoino i ragazzi. E chi l’ha detto? I ragazzini bramano per conoscere. Dimenticate quanto precise siano le loro risposte, quanto esatti i loro compiti, quanto diligentemente ripetano a memoria le nozioni che dimenticheranno domani: valutate l’entusiasmo con cui vi salutano al mattino e con cui, all’ora di pranzo, si congedano prima di chiudere il computer. Perché quello, è il vero scopo.

Se l’alunno spegnerà il computer con gli occhi accesi, allora avrete già ottenuto tutto.

Non si può più stare a metà, barcamenarsi: insegnate ai vostri ragazzi con quanta grinta e gioia si può saltare, prendere la rincorsa e appassionarsi, anche quando i muri sembrano alti. E quei ragazzini avranno imparato la cosa più sacra: la gioia di scoprire non si ferma mai.

Grazie, con grande fiducia,

Una mamma.

 

[Photo by Aziz Acharki on Unsplash]

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Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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