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Altre Verità

Inarrestabile

LA VITA VUOLE LA VITA

 

Non sarei tornata mai.

Le strade sono ancora digiune, abbiamo scelto un’ora tarda, di prudenza. Patrick non è riuscito a fare i conti con un regolamento affisso ai cervelli troppo a lungo: «Io non vengo». Va bene. Verrai. Verrà, quando rientrerò e gli racconterò la celebrazione di rivedere la vita. Quando le parole mi salteranno sulla bocca, pizzicheranno come un pepe buono. Un po’ per volta. Non tutti possono, non subito.

E invece serve provare. Perché la città è ancora la mia città, le vie non hanno cambiato i muri, solo qualche serranda e qualche avviso rammenta una realtà che però bacia la primavera: non la esclude. Dovete uscire, perché dopo cinquantotto giorni è trovare quei soliti nastri di strade e la gente lontana, sicura, i metri di distanza, le mascherine quasi sempre accurate, gli spazi che hanno spazio e i vostri piedi che ritrovano dimestichezza. È questo, che rende tutto improvvisamente facile.

È la naturalità, è riconoscere, e poi è la libertà, che un metro dopo l’altro dissipa il timore.

Di cosa avere paura? Sono gli stessi prati, lo stesso cielo, abbiamo la fortuna di un virus che non si vede, la gente sorrideva ed era placida, rincorreva papaveri così rossi che il cuore ci faceva le giravolte.

Ti accorgi che è possibile e piano piano erano foto e poi sguardi, e poi una forma di amore. Ti accorgi che

la vita è il modo migliore di vivere.

Che il modo migliore di vincere la paura è riabbracciare la vita.

È una gioia romantica, intima, profonda e così intensa. Vorrei continuare da sola, in questo tempio sacro del tempo, dei fiori. Domani non sarà uguale. È il primo gesto, che divora. Il primo istante che adesso rincorro in righe urgenti e gli occhi si sciolgono. Quanto si scioglie tutto. Rime che nemmeno sapevo, palpebre cui abbiamo dettato cieli rettangolari di finestre e stanze e credevamo bastasse. Si può tutto. Non dico non si possa. Ma lo capisci dopo. Quanto ti è mancato il mondo, il pianeta. Quando rivedi un amato dopo mesi e, pure, t’eri abituata a quelle spese da sola, la luce bassa delle stelle nelle notti fredde, e la sveglia puntata per domani. Le sere con le birre degli amici, lui altrove. O quelle vacanze che coi genitori nascondevi amori privati nei cuscini, foto nel diario e quei giochi di percentuali coi cognomi: mi ama al 76 %. Wow. Era così, rivedere madre terra, stasera.

La vita che ritrova la vita. Come quei grandi sbarchi dopo le vacanze o dopo i digiuni inferti dalla geografia.

Ho azzannato tutto come famelica, senza nemmeno sapere che avevo così fame. Ho fatto foto a dozzine, quasi non potessi più tornare nello spettacolo del vivere. Mi è sembrato un dono incredibile, anche le rondini sembravano schiamazzare sopra i cavi delle luci. Qualche bottega aprirà per l’asporto, la vita si schiude piano, prudente e impaziente, dopo l’imbuto profondo del lockdown.

Sull’ultimo tratto capisco che non puoi resisterle. Potrei morire domani e sarebbe valsa la pena. Non c’è prudenza, più, che valga una rinuncia tale.

La vita vuole la vita.

Quando rispondi, sai che la gioia di sprofondarci dentro, come è stato in quei campi di papaveri, di erba alta, è il solo antidoto alla paura. Che

non sono solo i fiori, sbocciati senza di noi, non le bestie, che senza noi hanno continuato a riprodursi, o i fiumi a scorrere, il sole a sorgere: siamo anche noi, tu, io, ogni uomo che è su questa terra: anche in noi, la vita ha continuato a vivere. Inarrestabile.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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