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Maternità

La risorsa n.1 del Pianeta

STUDIAMO FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE, PROMUOVIAMO IL RISPETTO PER L’AMBIENTE, SENSIBILIZZIAMO. MA DOV’È LA DIVERSIFICAZIONE NELLO SFRUTTARE LA RISORSA UMANA? DOVE LA COSCIENZA ESATTA DELLA SUA INFINITA IRRIPETIBILITÀ?

 

Tette, ombre di peluria sotto il naso. Voci profonde.

Non sono abituata ai ragazzetti della secondaria. Li trovo in un’aula di chimica al primo piano, sabato, all’open day. Trafficano con alambicchi e pozioni, colorano liquidi, il basico e l’acido, e poi nomi che aleggiano scanditi con sicurezza. Forse imparati a memoria come le poesie. Sono bravi, ordinati e precisi. Illustrano il loro lavoro. Diligenti e imbottiti come tacchini per il Ringraziamento.

Gli open day sono indispensabili per farti un’idea del prossimo passo, di questa tappa di crescita. Eppure rimango sempre a metà tra lo stupore di una scuola allestita a vetrina e la verità che devi sempre un po’ cercarla.

Come nei primi appuntamenti, quando si è bravi a nascondere sotto il tavolo le dita sbucciate perché hai il tic di morsicarti le pellicine.

Sono bravi, questi ragazzi. Io non ricordo di aver fatto chimica già alle medie. Non ricordo di aver studiato i composti come fanno loro. O non li ho studiati, o non è servito perché li ho dimenticati. Hanno undici, dodici anni, e accanto a un certo orgoglio sento una piccola amarezza: la scuola secondaria è obbligatoria, è ancora nel ciclo delle basi che a tutti sono date di diritto. Ha davvero senso istruire alla chimica fino a nomi che non ho registrato nemmeno adesso, in questo laboratorio di ospiti e cappotti? Non c’è forse qualcosa di più basico – se vogliamo restare nel vocabolario – che sia indispensabile fornire?

La sosta successiva è in un’aula di storia e teatro: vestiti da Cristoforo Colombo, Vasco de Gama, Magellano, i ragazzi fanno il loro spettacolo, la frase che mi resta è di uno di loro, forse di Colombo:

«Se vuoi navigare devi smettere la paura di perdere di vista la terraferma».

Non ho capito bene la storia del tempo potenziato: pare che accanto alle ore canoniche chi vuole possa aggiungere materie extra. Sarebbe la possibilità di uscire dal tracciato rigido e scientifico del programma, di perdere di vista la terraferma e arrotondare l’offerta formativa nella direzione della natura umana: arte, sport, musica, artigianato. Deduco invece che il potenziamento offre italiano, matematica, una lingua straniera e per chi vuole il latino.

Il meglio viene nell’aula di tecnica e informatica. Il professore è giovane e spigliato, e magari sbaglio, ma sembra a suo agio tra i ragazzi, sinceramente coinvolto. Dentro, la sala è puntellata di ragazzini, di ospiti invece nessuno. E così siamo il tozzo di pane, tutti i piccioni addosso, famelici ma anche ospitali: «Venite qui, volete vedere, volete provare?» Ecco, di fronte a tanta ospitalità non posso non pensare che questi ragazzini in qualche modo sono fieri di questa scuola. Perché il prof è uscito dall’aula, ma loro sono desiderosi di mostrare, rispondere, accogliere.

La sveglia del gruppo lancia presto il suo giavellotto: «Avete domande da fare… non so, adesso che non ci sono i prof?»: ha trovato terreno fertile, comincio a informarmi su come sono i professori, se sono severi, se danno punizioni, quanti compiti assegnano. Se escono in giardino.

Ma accanto si è formato un piccolo crocchio, i compiti vanno dai venti minuti alle tre ore, ognuno ha i suoi tempi, è una risposta impossibile di univocità. Il giardino sì solo se c’è il sole e se il giorno prima non ha piovuto. In pratica se fa a giorni alterni stai al chiuso anche un anno. E qui accade un piccolo spettacolo. Quello vero, fuori dalle formulette a memoria, dagli alambicchi e dalle tuniche dei grandi esploratori: la loro professoressa preferita è

«una che spiega benissimo, impariamo subito. E quando ci riprende noi obbediamo, perché ci piace».

Sono i ragazzi, a dirlo: la passione è la condizione sine qua non. Un professore che sia profondamente appassionato di ciò che insegna e del pubblico prezioso a cui insegna, ha meno bisogno di stratagemmi e minacce per farsi rispettare.

L’hanno capito anche loro: è la passione, che coinvolge, dà valore, dà credito. E il valore porta rispetto.

Ci hanno preso gusto e adesso schierano tutta la squadra: si lamentano di una professoressa che è ingiusta, che fa differenze tra gli alunni. Perché i ragazzetti alle medie non sono pecorelle smarrite, cominciano ad avere il loro spirito critico, e se tu dai 6 a chi ha detto tutto e 8 a chi ha detto una cosa su tre, le preferenze saltano fuori come ranocchi. Un’altra li gestisce ricorrendo a compiti di punizione (tra l’altro – vedrò poi – dichiaratamente esclusi dal patto dell’offerta formativa), o ancora li azzittisce rivendicando che «i grandi hanno ragione». Si solleva un piccolo coro di rivalsa. E io non posso che pronunciarmi: «Chi fa così è insicuro. Andate tenuti a freno, perché siete nell’età in cui, giustamente, mettete tutto in discussione. Ma non accettare il confronto significa mancare di rispetto loro per primi. Nessuno ha ragione per sempre».

La repressione è doppiamente sbagliata: perché non insegna a comprendere, e perché insegna a fare altrettanto.

La repressione è lo strumento dei deboli. Lo dico da madre che ne fa uso. Lo dico perché nessuno è esente. Lo dico perché la grande scoperta di questa mattina è che questi piccoli uomini e donne stanno prendendo il loro posto nel mondo: e si accorgono. Di quello che offri. Di quello che neghi.

La mia speranza è che non ci siano più maestri che fanno i data entry, che imbottiscono tacchini. Bisogna sapere, nel profondo, che l’essere umano è la risorsa numero 1 del mondo.

Studiamo fonti di energia rinnovabile, promuoviamo il rispetto per l’ambiente, sensibilizziamo. Ma dov’è la diversificazione nello sfruttare la risorsa umana? Dove la coscienza esatta della sua infinita irripetibilità?

Chi ha a che fare coi bambini e i ragazzi, ha a che fare con l’energia prima del pianeta. Deve valorizzarla, rispettarla, canalizzarla.

È inutile che separi per bene i tuoi rifiuti, la carta dal vetro dall’umido: ogni volta che volontariamente punisci un alunno con dieci espressioni matematiche, ogni volta che lo sminuisci, che utilizzi la repressione come strumento educativo, tu butti un cespo di lattuga marcia nei vetri, una lattina nell’umido.

 

Contenuti speciali

Chiedo anche dei bagni. Perché alle primarie carta e sapone vanno chiesti alla commessa. E tu devi sapere in anticipo quanta carta ti serve. Prima di sederti sulla tazza.

«Qui non ci sono carta igienica e sapone».
«In che senso? Nel bagno? Li dovete chiedere alla commessa?»
«No. Ci portiamo noi i fazzolettini».
«E le mani come le lavate?»
«Con l’acqua e basta. Le sciacquiamo. Solo nel bagno dei professori ci sono carta e sapone».
«Ah. Quindi un professore può cagare e voi no».
Ridono.
«Io credo invece che sia una mancanza di rispetto, oltre che di igiene. Voi meritate lo stesso rispetto che dovete ai docenti e alla scuola».

 

[Photo by Loren Joseph on Unsplash]

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 9

  1. Noemi Bengala

    Quando un giorno ci incontreremo davanti a una tazza di tisana fumante, ti racconterò che ne penso del nostro sistema educativo e di questa scuola, soprattutto della scuola media.

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  2. Lorenzo

    Io sono solo alle elementari…..ma sono molto perplesso. Condivido quello che scrivi. Non so quale sia il problema di fondo della scuola oggi, ma forse quale insegnante e dirigente dovrebbe guardarsi allo specchio e chiedersi dove è finita la sua passione per insegnare. Perchè insegnare va oltre ai programmi, alle statistiche, ai metodi, alla didattica. I bambini, gli adolescenti, i ragazzi hanno bisogno di insegnanti che trasmettano qualcosa, non che ripetano costantemente la stessa lezione per anni, anni ed anni.
    un caro saluto
    Lorenzo

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      Maddalena

      Il problema non è solo di oggi, credo proprio che il sistema sia da rinnovare. Ma servirebbe una grande spinta, una rivoluzione nella forma mentis. Oggi è più lampante l’inadeguatezza di quanto non fosse in passato, perché la pedagogia si è evoluta, abbiamo un’attenzione e una consapevolezza diversa per cui come non si danno più bacchettate sulle mani agli alunni indisciplinati, andrebbe anche rivista questa dettata uniformità, nata dai tempi industriali dove il solo scopo era produrre operai, tutti in fila, tutti operosi. Ciao carissimo, un abbraccio.

  3. Mamma avvocato

    Guarda, di fondo sono d’accordo con te e quel che sento Delle scuole medie mi spaventa. Già le elementari non sono il top… Però ancora sono lontana dal vederla e quindi mi è difficile giudicare. Come livelli di preparazione, a detta dei nipoti e cugini che ci sono dentro o hanno appena finito e pessima. Sempre solo nozioni e nulla di nuovo, in mondo che e cambiato. Non so, però, neppure quanto spazio abbiano gli insegnanti volenterosi in un sistema in cui il dirigente ed i programmi dettano legge su tutto e tutti. Ciò detto, sono basita per la storia di carta e sapone: alle elementari devono chiederla e alleedie non c’è???? Che schifo! Qui, per fortuna, almeno su quello c i siamo!

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      Maddalena

      Io credo che, nell’attesa di una riforma profonda e radicale, ogni insegnante abbia comunque un margine di manovra. Lo dimostra la ragazza con cui parlavo, entusiasta di questa professoressa appassionata da cui si impara con gioia e facilità, e a cui… si obbedisce senza fatica: perché l’autorevolezza vera, buona e sana è in un insegnamento vero, buono e sano. Non è tutto, ma è già qualcosa. Infine, così come alla cassiera un “grazie” o un sorriso non fa perdere tempo, anche un insegnante può trovare piccole modalità e creatività per offrire ciò che insegna, senza necessariamente sforare dai suoi cinquanta minuti di lezione.

      1. Mamma Avvocato

        Questo certamente e per fortuna nella mia carriera scolastica di persone così ne ho incontrate molte, qualcuna anche in quella del ricciolino. Però, finchè non cambia il sistema, si sarà sempre in balia della buona o cattiva volontà di singoli individui.

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