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Maternità

La delusione delle madri

HAI SCAVATO UNA PICCOLA BUCA, HAI FATTO UN GIBOLLO DI TERRA, COME LE TALPE, DOVE SAPERE: LA DELUSIONE, ANCHE QUESTA, HA UN SUO PICCOLO DIRITTO

 

Hanno saltato sul lettone, il grande evento del fine settimana, l’occasione di un grumo di lenzuola, un bozzolo destinato alla lavatrice. Posso usare anche i cuscini? chiedono. E va così bene, che arpeggino una domanda.

Perché ho speso giorni di fatica. Perché nessuno lo dice. Si scherza e basta, meme ironici sulla stanchezza delle madri, le battaglie, le rappresaglie. Poi una sera ti accasci, lui entra, gli consegni il pacchetto come nemmeno il tizio dell’UPS: – Sono tutti tuoi.

Chissà dov’è che avviene lo snodo. Chissà quanti ce ne sono. Se si può dire, se sono io che vado troppo piano. Come quei vestiti rimasti nei cassetti, l’etichetta di due taglie in meno della loro. Li scovo quando viene il cambio stagione, allora capisco la mia ostinazione.

Ci vuole un sacco di allenamento per imparare che un figlio non è un pezzo di vita che ti metti al collo.

Che le ore in cui gli eri culla per un sonno, e poi latte e poi tu il faro di tutto e sapevi le sue mareggiate, poi passano. Le ore, non solo le mareggiate. Che va imparata una forza elastica che nulla ha a che vedere con la solidità, che mentre loro crescono devi crescere – smisuratamente – anche tu.

Lasciarti in un angolo della cucina, dopo che una qualche te ha urlato scoprendoti, e in uno sguardo senza sguardo alle fughe del pavimento sentirlo: che sei delusa.

Le prime volte è come rubare: cacci in tasca, rapida. Ti ricomponi e torni in salotto. Un giorno però sei arrivata tardi, sul tuo disappunto: l’hai pescato come quei semini di limone sfuggiti al cucchiaio, nella zuppiera. Guarda come se la ride in mezzo ai tranci di frutta tagliata. Ti hanno beccato, che sei lì sulla porta e negli occhi hai una piccola maceria.

Ti prendi un attimo: – Lasciatemi un secondo. Devo calmarmi.

Non puoi mica dirglielo, che sei delusa. Che questa volta è roba dura sentire che ti trattano come una qualunque, come un ingombro. Gli hai insegnato la gratitudine, e invece si ammollano nel menefreghismo, forse è l’antipasto dell’adolescenza. Allora mi viene in mente il divano dei miei, sempre quello: sedersi e rivendicare il posto per il proprio fondoschiena. Il contatto fisico era quasi un oltraggio, tra i miei fratelli e me. E che ti credi, che tu avresti fatto chissà cosa? Il bosco incantato delle fate?

Ci vuole un sacco di allenamento, per il cuore. E, prima ancora, per gli occhi: tenere l’incanto e il vero in parti uguali. Che l’uno non si mangi l’altro. Tenerli: ognuno col suo spazio. Ma non come su quel divano. Va bene che si tocchino, che i loro calori si contaminino.

E intanto esci dalla camera, ti sei calmata.

Hai scavato una piccola buca, hai fatto un gibollo di terra, come le talpe, dove sapere: la delusione, anche questa, ha un suo piccolo diritto. Anche lei, anche nel campo grande delle madri.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 5

  1. knit or read

    Forse l’antipasto dell’adolescenza serve a preparare lo stomaco a quello che sarà il gran banchetto, al quale conosceremo questi individui che ci sono cresciuti accanto, indipendentemente da noi, e dovremo far fatica a ritrovare in quei gesti scostanti gli abbracci che reclamavano un tempo. E forse l’amore sta racchiuso lì, in quel legame tenace che si allunga senza allentarsi mai, ma si discosta per permetterci di esaminarci a distanza e da più angolazioni. Forse.

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      Maddalena Capra Lebout

      Ne sono convinta. Credo che l’amore cominci proprio quando l’istintualità e l’attrazione naturale cominciano a scemare, i figli diventano individui sempre più a sé stanti: è lì che inizia il riconoscimento reciproco. Ma penso anche che se vogliamo davvero conoscerci possiamo ammettere un piccolo spazio per una maternità che non è perfezione: nel dare, nel ricevere, nel sentire. E deve potersi confessare qualche momento di sconforto e delusione.

  2. Silvia Fanio

    Delusione, solitudine, stanchezza…
    Essere madre non è una passeggiata. È un percorso in salita. E ti chiedi se, un domani, sapranno apprezzare quello che hai fatto e sacrificato per loro o se ti giudicheranno per le scelte fatte.
    Essere madre non è una passeggiata.
    È un salto nel buio. Ci metti buona volontà, tanto amore, sacrifichi più di quanto chiunque possa immaginare.
    E preghi che vada bene così, di fare la cosa giusta.

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      Maddalena Capra Lebout

      Vero, è sempre, un po’, un salto nel buio: a differenza di ogni altro rapporto questo cambia molto più in fretta e di continuo. E anche se la spinta iniziale data dall’istinto materno è enorme (e tale istinto spero duri per sempre) il quadro è in continua evoluzione. Avere l’umiltà di ascoltare anche i tumulti di certi sobbalzi è necessario a riprendere le misure.

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