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Altre Verità

Il cacciatore di sogni

 

Adesso fa il cacciatore di blatte. Arriva coi suoi attrezzi, in ritardo. Non ha avuto la decenza di chiamare. Un ragazzino, Sarah è a casa, dice sembra uno youtuber. Quanti anni avrà? È sicuro, uno sveglio, lo vedi perché gli infili due domande e lui risponde. Non fa giri, non gravita attorno ai forse. Lui risponde anche a domande che non fai.

Ha quel piccolo gesto molesto che si accoda ai lasciti di una vita da bassifondi, di una mascolinità grezza, la mano sui calzoni, sulla sua tuta da lavoro, proprio lì, sempre in quel punto, che gli diresti senti, non le hai, due tasche? Non ti basta quella cannula della bombola da trastullarti? Oppure gli offriresti un caffè, così magari s’impugna una tazzina. Lo farò, gli darò un sorso d’acqua, un bicchiere della Nutella che lui guarda ridendo: – Sì, li abbiamo tutti così – dico. E tracanna che dopo gliene offro un altro.

Ha fatto il suo giro fuori, il casino è che abbiamo due cortili, uno di qua, uno di là. Mentre il sole azzanna il suolo quello solleva tombini, si spinge dove la donna dell’osteria ripassa il suo grembiule, poi altri arrivano, il carosello dei cosa fa?

Nessuno ha mai chiamato nessuno, sale la diatriba delle competenze, se spetti all’Amministratore di quella porzione di cascina, o al nostro. Il ragazzo sta in mezzo, è entrato già pronto per il goal, e adesso sta in panchina a sbucciarsi le unghie.

– Ma sai quante ne ho viste, case così? E quante contese per chi deve occuparsene…

È uno sveglio, l’ho detto. Parla di esoscheletro, degli habitat preferiti da queste bestie, e anche di quelle bestie dei condòmini, delle botteghe che gli scarafaggi gli entrano fin sul bancone, ma in Italia devi sempre tagliare le spese, se arrivi a fine mese e devi pagare dieci stipendi, cosa tagli? E così le blatte si salvano.

Sarah mi abbraccia in quella polvere accecata dal sole che sembra zucchero a velo, poi torna in casa.

Lui fa un giro dall’altro cortile, ha deciso che questa parte la molla, aspetta che ci mettiamo tutti d’accordo. Poi in casa punta la sua pistola di gel negli angoli che sa. Si china fin sotto il tavolo della cucina, tra un piegamento e l’altro la mano perlustra sempre i genitali. Raccoglie un dado di lego.

– Ho anch’io una figlia. Ha quattro anni.

E con quel bicchiere della Nutella sale a galla una vita intera. La ditta senza meritocrazia, le minacce del capo quando si assenta per la figlia. Mi dice che capita, che ti chiamano dall’asilo, la bimba ha la febbre, e lui va, non fa andare la compagna, perché quella ha appena ricominciato a lavorare, s’è trovata un impiego da bidella, è una che sa, che ha studiato, però il mondo l’ha tagliata via, la disinfestazione delle madri. E allora va lui, lavoro a tempo indeterminato, un posto sicuro, può mica far rischiare lei.

E io penso a questo padre. Che somiglierà anche a uno youtuber, che le mani non hanno tutta questa nobile grazia: adesso è un papà, protegge la sua famiglia, a costo di tutto.

Ha le stesse battaglie che di solito sono donne, sono madri.

– Se non mi lasci prendere mia figlia mi licenzio. Tu dammi un foglio, io scrivo che mi licenzio perché ho dato priorità alla famiglia. Però anche tu devi scrivere che mi butti fuori perché per te il lavoro viene prima.

Invece è ancora lì, nella ditta senza meritocrazia.

– Non ho paura delle minacce. Vengo dalla strada. Ne ho ricevute e ne ho fatte.

Adesso ha trent’anni, l’importante è proteggere chi ama, a costo di restare schiavo a vita, dice. La mano segna il suo disappunto, però gli occhi sono insetti vivi.

– Sei giovane, hai tempo per grandi progetti.

Sarah gioca ancora col lego sul tavolo, il ragazzo ha deciso di fare il subacqueo, va sotto e pesca: relitti di vita, d’infanzia, di lotte. Riscatti. Me li porta tutti con zelo, ricompone il rosone di quella chiesa a pezzi in cui l’infanzia non gli ha dato giustizia.

Ogni sera va a letto con un sogno.

Si è immaginato un’automobile, ma non aveva i soldi. Poi una casa: – A due piani, con le scale, e poi un terrazzino dove posso fumare. E lo sai cosa? Poi li ho avuti. Proprio come volevo. Anche il figlio.

La vita ha un suo riscatto.

Una sera ha chiesto a un tizio perché devo ancora pagare? Ho già avuto un’esistenza difficile. Il tizio gli dà un libro, The secret. Il ragazzo se lo legge, impara. Ogni volta che si corica a letto si fa il suo valzer creativo, immagina le mani sul volante, la leva del cambio, cercare parcheggio. Lo stesso con la casa, i muri, le finestre. La figlia. Ogni sera.

E piano piano comincia ad arrivargli tutto. Ci sono voluti anni. Gli resta un amore fedele, incorruttibile verso i genitori, non importa che papà se n’è andato, che la madre beveva. Quando qualcuno gli presta dei soldi il ragazzo muore un po’, non sa accogliere senza una colpa. Niente gli è mai arrivato senza sudore.

Quando se ne va è già ora di pranzo. Lo congedo a fatica, avrebbe ancora voglia di parlare.

Ma io spero che continui a sognare. Ha cacciato fantasmi. Può smettere di cacciare blatte.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 3

  1. mamma avvocato

    Sei spettacolare: tu,per come sai raccontare. Ma anche lui, per quello che ti ha svelato di se’. Persone così mi fanno sperare per l’umanità intera. Anche se vivono in un paese che forse non li merita.

    1. Post
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      Maddalena Capra Lebout

      Mi ha colpita, aveva il solo limite di non avere limiti nel chiacchierare. E’ partito così, con pochi passi di perlustrazione, come quelli che consumava nella corte. E poi chi lo sa, se fa così con tutti, se quel giorno aveva in gozzo di parlare, se è stato tutto per un pezzetto di Lego. Ma con una dignità e uno spazio, dentro, una solidità che non potevo non raccontarla. Grazie Giulia!

  2. Pingback: Ai sogni non piace la parsimonia - Pensieri rotondi

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