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Altre Verità

Ho finito il romanzo

NONOSTANTE TUTTO. NONOSTANTE I MILIONI DI OCCHI CHE HO LANCIATO A MIO MARITO COME UNA PALLA CIECA AL CANE: – CAZZO NON CE LA FACCIO. NON NE POSSO PIÙ. MOLLO

 

Ho finito il romanzo.

Mi schiaccio su una seggiola nella solita cucina. Ho un asciugamano sotto i piedi, sono stata in piscina. Quel piccolo gonfiabile smunto come vecchi seni. Le ragazze sono ancora lì, fanno pipì da finti piselli che sono in realtà pistole ad acqua. Abbiamo riso, schiamazzato. Mangiato tartine che ho preparato in lunghi minuti. Loro erano brave, la saggezza e la gioia che le prende quando Patrick non c’è. L’uniformità di un sesso, o chissà cosa sia. La parità del numero, forse.

Anche Sarah non lesina più sugli schizzi. Siede dapprima all’ombra che le ho suggerito, ha spostato lei stessa una sedia, l’aiuto su quei teli che mascherano malamente un prato sfinito, tutta quella fanghiglia incolta, cotta dal sole. C’è odore di terra. Mangiamo così. Poi si comincia a pucciare i piedi, mamma avvicina la sedia: Sarah allunga le gambe, Isabelle invece non se n’è mai andata, è una rana che fa esperimenti improbabili con finti dolcetti caduti in quello stagno per strane sincronie, figli di qualche intenzione da presunta ristoratrice. Me li offre. Ho cominciato anche io a spingermi sempre più nel bagnato. Ogni tanto mi arriva come uno schianto, un altro schizzo: ho finito il mio romanzo.

Prima del previsto,

mi torna quella ragazza che studiava per la maturità. Quanti anni sono trascorsi, quante estati, quante gambe da bagnare in qualche amore?

Finii in anticipo. Seguivo con ossequio il mio calendario, dove avevo appuntato cosa fare del programma scolastico, giorno per giorno. A una settimana da quell’orale avevo già Seneca in pugno, ogni voce del mio schema di studio era crocettata. Forse sono sempre stata così, in quella determinazione che prima mi erge e poi mi consuma. E infine mi sorride un po’ addosso: me l’aspettavo. In fondo me l’aspettavo. Nonostante i malanni, i giorni che basta non ne posso più, i figli a casa, le scuole che chiudono. Nonostante quelle altre mattine, forate dall’ago insistente della solitudine, nonostante tutti quei fossi.

Una volta fili via che sei una meraviglia, la scrittura t’ha fatto il santo favore di venire a prenderti. È meglio d’un tappeto volante. Ti si mette sotto il culo, devi solo ascoltare il vento che ti canta in faccia, nelle orecchie.

Fa tutto lei, dispone ogni cosa. Quando rientri, quando torni nel tuo sepolcro, la sera, non hai altro da fare che stupirti. Ti chiedi come cazzo ho fatto, come una vertigine, ma è una grappa buona. Un’altra volta sono solo quei dossi e quei buchi, adesso sembra che ci hanno fatto la guerra, ti dici sono furba, ripeschi tecniche annotate nei quaderni, costeggi la trincea. Ma oggi non ti esce un solo sputo, perfino le pallottole di carta lanciate con la Bic erano più incisive.

Nonostante tutto. Nonostante i milioni di occhi che ho lanciato a mio marito come una palla cieca al cane: – Cazzo non ce la faccio. Non ne posso più. Mollo.

Lui correva con le sue orecchie basse, obbedienti, me li riportava sempre. Me li metteva su con poche parole, tanto poi ti torna.

La passione, la dedizione, l’obbedienza a una fatica che prima perde senso e poi si gonfia. Il lievito del voglio.

Ho finito un romanzo che non ho mai saputo di odiare. Né di amare. Che, suo malgrado, ha deciso per me. Adesso rimangono mattine. Gli ultimi giorni d’asilo. Le vacanze che vengono, altre luci, altri amori. Il ricordo. Il sollievo. La perdita.

Vegliare. Aprire il pc e vedere se è ancora tutto lì, in quel possesso che è ricchezza ma anche paura.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 7

  1. Noemi Bengala

    Sai che anch’io, quando avevo finito di scrivere e correggere per la cinquecentesima volta SAFARI, aprivo in continuazione il Mac per vedere se c’era ancora? Devo dire che anche adesso lo salvo in continuazione sull’Hard disk… non si sa mai 🙂

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      Maddalena Capra Lebout

      Io ho terminato la prima stesura, ma ogni volta che ci lavoro faccio almeno tre backup, anche se tocco una sola parola. Ho il terrore. Il punto è che anche se fai una stampa… grazie al cavolo, se il file si corrompe cosa fai, dattiloscrivi da capo 65 mila parole???

    1. Post
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      Maddalena Capra Lebout

      Ciao Giulia, prima passeranno anni… è finita la prima stesura, poi ci sono le riscritture, l’editing, e poi le ricerche e le attese di trovare un editore. E, prima ancora, avrei sempre il mio primo romanzo che deve trovare una proposta accettabile. Per ora ho avuto offerte poco convincenti. Ma avrai una dedica personalissima e spero una consegna faccia a faccia!

  2. Lorenzo

    Bravissima, Complimenti. Ammiro chi riesce a scrivere un libro. Io la max scrivo un post sul blog.
    Attendo la pubblicazione….
    Un saluto
    Lorenzo

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      Maddalena Capra Lebout

      Carissimo Lorenzo, quando si prova a scrivere un romanzo, in effetti, si capiscono tante cose: per esempio si impara a portare rispetto anche per romanzetti stupidi, perché dietro c’è un lavoro comunque inimmaginabile. Si impara anche che la scrittura vuole una disciplina e una forza spaventose, almeno per me. Si impara, infine, che la paura non passa mai: ho terminato la prima stesura, pensavo che non sarei mai arrivata in fondo, ma resta tutto il lavoro successivo da fare, riprenderlo, perfezionarlo, e chissà… confido di riuscire a confezionarlo davvero per arrivare un giorno alla pubblicazione, possibilmente con un editore serio. Il che, già di suo, non è facile. Grazie, un saluto. 🙂

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