LA PEGGIORE QUARANTENA È QUELLA DEI CUORI CHIUSI NELLA PAURA
Per settimane, da che è cominciato il confinamento, perfino le mamme hanno fatto guerra tra di loro. Come una osava dire qualcosa sulle difficoltà di gestire lavoro, figli, casa, tensione, emozioni, la risposta era: «Pensa a chi sta peggio», oppure la variante bellica: «Pensa allora se eravamo in guerra».
La politica del terrore ha in sé la capacità e il successo di produrre astio: perfino tra madri, la coalizione veniva meno.
Immaginiamo allora cosa accade se i confronti li cerchiamo fuori dalla cerchia, già rotta, della genitorialità.
Mi dite che è troppo pericoloso far uscire i bambini, che i genitori creano assembramenti. Avete bisogno di arrabbiarvi. Lo capisco: ne abbiamo tutti.
Ma qui non si tratta più di privilegiare la sicurezza. Questo, si poteva farlo agli inizi. E l’abbiamo fatto. Non è nemmeno funzionato, perché i contagi non sono scesi drasticamente, eppure i bambini sono a casa.
Capisco la vostra paura: ne abbiamo tutti. Ma
arriva un momento in cui non si può più scegliere solo in base alla paura. Bisogna scegliere in base alla vita. Bisogna vivere. Aprire strade.
Esattamente come dapprima abbiamo approfittato di un tempo ritrovato tra le mura domestiche, ci siamo ingegnati, abbiamo apprezzato la famiglia e quello che la quarantena poteva darci. Abbiamo scelto la vita. Allo stesso modo, adesso, scegliere la vita vuol dire tornare ad allargare le prospettive. Ci siamo inventati, dentro: adesso ci inventeremo, fuori.
L’altra abominevole menzogna è che i bambini sono solo contenti1 di questa quarantena: «Finalmente possono godersi la famiglia, la mamma, la casa, e dormire».
Parole di questo tipo hanno in sé una ingenuità, una mancanza di rispetto e una cecità ai limiti della violenza.
Se voi pensate che i bambini siano soprammobili.
Se voi pensate che siano peluche.
Se voi pensate che siano animali da compagnia.
O piante cui basta cambiare l’acqua.
Voi avete dimenticato, e così malamente, il bambino che è in voi, da essere purtroppo costretti a tenerlo ben chiuso anche ora.
Quel bambino interiore l’avete talmente zittito per via di qualche ferita mai scorsa e mai sanata, che adesso altro non vi rimane che continuare a indurire gli scudi anziché abbassarli.
Un bambino dipende dal genitore, per sopravvivere. È la legge della natura.
Per questo motivo un bambino è letteralmente costretto ad adattarsi. Disobbedire radicalmente, ribellarsi, si produrrebbe nell’abbandono. L’abbandono significherebbe rischiare di non sopravvivere. Questa è natura, non interpretazione.
Un bambino nasce con un bagaglio enorme di ingenuità: così da adattarsi meglio.
Con un bagaglio enorme di fantasia: così da sognare sempre.
Con una buona dose di incoscienza e coraggio: così da sperimentare la vita.
Con un’irrefrenabile curiosità: così da crescere scoprendo.
Con un’indicibile fedeltà: così da sopravvivere.
Il fatto che lo vediamo giocare2, che possa dormire a lungo, che i genitori siano sempre con lui non dimostra né che i genitori siano effettivamente sempre disponibili, né che questo sia sufficiente e nutriente per la sua crescita. E nemmeno che uscirà indenne.
Nessun bambino, dopo i primissimi anni di età, può vivere e crescere pienamente senza un contesto sociale extra familiare. Ancora meno quando, alla mancanza di socialità, si somma la mancanza di stimoli esterni alle quattro mura.
Venite ad ascoltare le grida dei bambini che scoppiano e non sanno perché.
Venite ad ascoltare i crolli per una pastasciutta servita nel piatto giallo anziché in quello rosa. O per una qualsiasi inezia che normalmente si esaurirebbe dopo un sorriso o una regola chiara senza grandi strascichi.
I bambini si sentono letteralmente vittime e invasi da una rabbia che sale dal profondo, da un punto di sé che loro stessi non conoscono.
E va bene che venga. Perché a volte, semplicemente, si spengono. Gli chiedi cos’hanno e sono come sospesi, in dormiveglia.
Va bene che venga perché quella che non viene, quella che non sale e non si esprime, è esattamente la stessa che poi cicatrizza silente sotto l’apparente normalità, e che produrrà quegli scudi con cui oggi vi proteggete credendo di ergervi. Produrrà quelle stesse ferite che in voi avete nascosto e che vi rendono più facile cercare sempre fuori un capro espiatorio.
Pensate ad accudire voi stessi, invece.
Un bambino non è stupido: lo capisce, quando la fiaba del «vissero tutti felici e contenti» non regge più.
Lo capisco. Lo capisco che siete così spaventati e disorientati da non avere scelta.
Ma vi dico: una scelta l’avete, l’abbiamo sempre. Ed è allearsi alla Vita. Entrate in voi stessi. Provate ad abbassare quegli scudi. Provate a essere onesti.
Io non ce l’ho con voi, perché capisco che siete spaventati.
Invece, voi, ce l’avete coi bambini: e fingete di sapere perché3.
1- SISST regolazione 2 bambini
2 – «I bambini soffrono un po’ alla volta: non mantengono la stessa intensità emozionale per periodi lunghi. Possono manifestare reazioni emotive e comportamentali più discontinue e intermittenti. Ad esempio, possono avere forti crisi di pianto o rabbia e poco dopo sembrare non coinvolti nel dolore al punto da apparire indifferenti. La percezione degli adulti di riferimento potrebbe essere “stanno giocando come prima, hanno superato tutto». psicoeducazionebambiniC
3 – Coronavirus, bambini «poco contagiosi»: gli studi in Francia a sostegno della riapertura delle scuole
Commenti 6
Che poi, mio marito è un medico e continua a lavorare come prima, io ho sempre trascorso valanghe di tempo con i miei figli e non credo desiderassero averne ancora di più. L’unica differenza adesso è che quando mio marito ha un giorno libero, anziché fare una cosa che ci piace tutti assieme, siamo costretti a rimanere a casa…
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E lo dici tu, moglie di un medico… Abbiamo spostato completamente l’attenzione dalla soluzione al virus alla irrinunciabilità della quarantena, che è diventata una religione inviolabile.
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