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Maternità

Chi va piano…

HA TRE FIGLI, UN VICINO, UNA CACCA E UN GUASTO AL MOTORE

 

L’amnesia è una dote preziosa. Ogni volta che dobbiamo partire dimentico la fatica e la laboriosità di raccogliere il necessario di tre bambini. Un mal di testa imponente mi ha annullato per giorni, e ho scioccamente pensato facciamo tutto domattina. I bambini si prendono i vestiti da sé lasciando però il dazio di cassetti interi di pallottole di indumenti. I giochi scelti sono sempre i più improbabili, quelli che tornano attraenti solo quando parti. Troppi, o troppo pochi. Comunque con la mira sbagliata. La mattina è segmentata da ripetuti cambio mutanda di un figlio stitico (di cui non faccio il nome per questioni di privacy), che grazie all’azione emolliente del macrogol non caga uguale ma infanga mutande al ritmo serrato di sette al dì.

Al momento del carico vettura Mathias sparisce, dote imprescindibile dell’essere maschio.

– Ma il papà dov’è? A buttare la pattumiera?
– Ma no, era fuori a caricare la macchina.

Esco e non c’è. Poi lo scovo dietro il portellone, rapito dal vicino notoriamente spaccamaroni. E lì compio l’incauto gesto di introdurmi velatamente nel duetto: – Dai che dobbiamo partire.

Quello ribatte e va be’ che fretta c’è? E io vorrei dirgli ma a te che t’importa: sono quasi le due e nessuno ha pranzato. Gli dico questo, che i bambini poi in macchina sclerano, con lo stomaco vuoto.

– Ma devi guidare te?

Vorrei dirgli, di nuovo, ma a te che t’importa, ma per una notoria inclinazione al buon vicinato rispondo solo di no, al che quello lancia la frase clou della sua simpatia: – A me mi sa che l’unica che s’incazza in macchina sei tu.

Per poi scoprire che il dialogo tra i due era centrato su una cortesia: che noi gli lasciassimo il nostro posto auto in questi giorni visto che siamo via, ché lui deve fare il trasloco. Allora bene che ti levi di qui, ma a fronte di tempo e posto auto che ti diamo gratis la tua frase signorile andava parecchio scremata.

Per rimanere in tema di cacca Patrick zoppica lamentando che ha qualcosa sotto la scarpa, gli dà fastidio: sollevo, guardo, e trovo un letamaio come nemmeno alla Vecchia Fattoria. Mathias si munisce di bacchette del giapponese e scrolla il grosso.

– Ma possiam mica partire con queste, ci sono tutte quelle venature nella suola, di lì la merda non la levi – osservo.

Allora un altro paio, dai, prendine un altro e andiamo. Solo che quelle nere sono piccole, quelle blu sono rotte, le donnine sono già cinturate in macchina, le due sono passate, e questo viaggio comincia a sembrare i Giochi senza frontiera che guardavo in estate da bambina. Alla fine gli strozziamo i piedi in un paio di scarpe desuete, le altre viaggiano con noi in un sacco ben chiuso, le laveremo a Courmayeur. Se ci arriviamo.

Ed è qui, che tutto comincia: – Non sale di giri, sta macchina. Non so, i bambini hanno toccato giocando, hanno messo il limite di velocità, non salgo oltre i cento km.

Dote squisitamente sua, è questa di scaricare le colpe. Farà lo stesso in autogrill, dove si chiede ma perché c’è scritto webcam in ogni posto auto?

– Amore, è un parcheggio sorvegliato, ti dicono solo quale webcam controlla il tuo posto, c’era scritto all’ingresso: “parcheggio videosorvegliato”.
– E ma è colpa loro, lo scrivono minuscolo.

Comunque lì siamo arrivati, con questo limite del motore che non siamo riusciti a togliere. E siamo solo a Novara.

Certi che basterà riavviare la macchina e tutto sarà magicamente risolto, temporeggiamo con il classico ordine in cassa di chi ha bambini: tu vuoi la pizza? E tu Sarah? No, allora me ne dia due. Ah, no, non la vuoi? Ah e poi un dolce, no tre, no tu non lo vuoi? Allora scusi, un panino Romolo, una pizza e una focaccia. No, aspetti, facciamo due focacce. E poi un caffè.

Dietro: la fila ingrassata a dismisura dalle nostre contrattazioni.

– Intanto posso prendere un biscottino?
C’è questo vaso openair senza prezzo, dico va’ che bello, sanno che i turisti arrivano qui affamati, bimbi volete un biscottino?

– No, signora, questi sono per il caffè.
– Infatti noi un caffè lo ordiniamo.
– Va bene. Col biscotto o senza?
– Biscotto.
– Solo che si paga: sono 15 centesimi.
– No, guardi, allora no. Per principio.

Poi mi smusso, scusi, so che non è colpa sua, è che oggi ho facilità a far incazzare la gente.
Fortuna quella sorride, esce intonsa e leggera.

Al bazar dilapidiamo altro tempo, ferocemente attaccati all’ingenua e tacita equazione per cui più aspettiamo più la vettura sarà obbediente: ombrelli di quelli che vedevi nei video, che si chiudono al contrario così non ti bagni (è quasi emozionante vederli dal vivo), rastrelli grattaschiena, biscotti da 3 euro cadauno. Isabelle dice sono figa a un pupazzetto che registra voci, gli altri ridono a tutti quei gingilli a forma di cacca (che ormai è tema della vacanza): è incredibile quante cazzate riescano a stare in pochi metri quadrati.

E siamo in macchina. Basta girare la chiave nel quadro. Solo che. Anziché sbarazzarci dei limiti appare il monito terrificante:

“Guasto al motore. Riparare il veicolo.”

A me scoppietta la testa come quelle plastiche da imballo, hai presente? Solo che là ti diverti, qui meno.

Del tipo: Milano. Tornare. Vacanze a monte. Anzi in città. Bagagli. Disfare. Tutto per niente. Mi sto incazzando. No anzi ho paura. La sfiga: perché sto messaggio poteva apparire partendo, non adesso. Cosa facciamo? Il carroattrezzi. No, proviamo lo stesso. E se si blocca in autostrada? Le macchine che ci arrivano addosso. Sento già il brivido dell’incoscienza, no bimbi voi state tranquilli tanto se ci arrivano in culo beccano prima i bagagli.

– Sarà quel filtro antiparticolato – dico. – Si è offeso che non l’abbiamo pulito.

E alla fine osiamo. Pian pianino.
Con quel messaggio sibillino che cazzo dimmelo se stai esplodendo che mi fermo. Mettimi un segno chiaro, uno di quei teschi di morte, come l’avvelenamento sui flaconi dei detersivi.

Comunque andiamo, stemperiamo la paura dei bimbi ascoltando una mia registrazione allo smartphone girata a velocità doppia, e poi mezza, e non lamentatevi che parlo in fretta, ché l’audio rallentato è la sagra della milanese ubriaca. Siamo alle lacrime dal ridere e ci basta questo. Isabelle si addormenta, il tempo è buono, sarà premura del capofamiglia, come prima amena attività delle ferie, cercare un meccanico.

Arriviamo salvi. Gli altri anche sani. Io invece ho un nonsoché di sospetto. Un corpo molle come un albume montato male…

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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