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Chi di noi

Chi di noi non si è chinata una volta, una sola volta davanti agli occhi rotondi del figlio e ha pensato «salvami».

Dopo una giornata di incubi da sveglia, dopo una lite con sé stessa, o un semplice correre senza più fiato.

Ci siamo posate su una culla e abbiamo amato che per un momento il mondo smettesse di girare e di giurare: che tutto è difficile. In quel viso abbiamo lasciato i nostri occhi come le tracce sulla neve e ogni cosa non aveva più rumore né importanza.

Chi di noi non si è fermata un pomeriggio all’uscita da scuola, uno solo, e ha pensato «sei la mia vita». Nel bacio che arrangi sui suoi capelli forse distratti, forse già a chiedere una merenda. Tu invece sei rimasta lì sopra che quei capelli parevi contarli.

Chi di noi non è arrivata a sera, almeno una sera, e non ha fatto altro che passeggiare sulla pelle del figlio con le proprie dita. E in quel massaggio per lui, centimetro dopo centimetro, si è massaggiata i piedi stanchi, la schiena a pezzi, il cuore?

Chi di noi non si è accovacciata un giorno accanto a un figlio sperando di sparirci dentro?

Perché sappiamo bene che il nostro centro è dentro di noi e non fuori, sappiamo che un bambino non può contenerci per intero né sarebbe giusto. Sappiamo che siamo madri e siamo forti e si dice anche fragili però che diamine noi fragili non possiamo mai esserlo. Sappiamo e non vorremmo mai che un figlio ci raccolga.

Eppure chi di noi non ha sperato, una notte, di potersi rannicchiare tutta quanta in quell’odore, in quelle poche spanne. Di poter stare tutta quanta in quel piccolo cuore.

Chi di noi non ha desiderato smettere questi panni rigidi e tornare agli unicorni, alle macchinine di lego, ai personaggi disegnati con le dita a raggiera, come piccoli soli. Al cielo che si colora solo in cima al foglio e tra quello e il prato non si sa cosa sia: spazio. Quello che noi non sappiamo inventare. Chi non ha aspettato che la figlia arrivasse in cucina a chiamare: «Mamma, voglio una coccola!» Chi non è sprofondato in un lettone e dopo un libro ne ha letto un secondo, e un terzo, e a un certo punto avrebbe voluto saperlo fare: smettere il tempo.

Chi di noi non si è fissata un minuto un giorno un’ora agli occhi ampi del figlio. Ha cercato lì dentro come si pesca in un lago. In quella meraviglia liquida. Sperando:

di non riemergere mai.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

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      Maddalena

      L’ho scritto in fondo a una giornata dura. Ho preso Isabelle all’asilo, aveva quegli occhi lucenti e fissi, ci potevi mettere dentro tutto il mondo. Di colpo ho sentito quella voce che a volte mi capita, quell’appello a riscattarmi tutta in quegli iridi. E me lo sono concessa. Sospettavo che molte di noi abbiamo istanti così ma volevo dichiararlo con la mia nota franchezza. E trovare, anche per mio squisito bisogno, molte di voi a dire “anche io”. Trovarvi è meraviglioso. Grazie.

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