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Maternità

Tocca a noi. Partire

IL POTERE CHE HO SULLE COSE È UN FILO D’INCHIOSTRO E POI DA LÌ QUEL LUGLIO DA ACCARTOCCIARE RIPRENDE A RESPIRARE.
GUARDA, CI FAI UNA BARCHETTA, SE VUOI. CI FAI UN GABBIANO, UN FALCO, FALLO VOLARE. FAGLI SOLCARE CIELI.

 

Ci sono montagne e alture intorno a me. Non ancora quelle del Bianco (o non più, dipende dai punti di vista), ma quelle arrivano a ore.

Sono montagne buone, cumuli di vestiti sul comò che attendono valigie. Promesse zitte e pazienti. La lista aggiornata su un foglio excel stampato e un sacchettino di farmaci per una tosse che non mi molla. Luglio passa.

L’avrei centellinato, volevo slargarlo per darci più tempo. L’avrei stracciato, volevo ridurlo a un pugno di carta senza che nulla fosse più leggibile. Sbrigare le sere.

Me lo domanda lui, Antonio, le sue ispezioni che si fingono ipotesi, un luglio lunghissimo, dice. Un luglio che strattona, invece: l’urgenza di scavalcare questo campo minato e la paura di arrivare al fondo ancora coi piedi piantati in mezzo, dove non puoi posarti con tutto il peso.

Giulia ha regalato un peluche a Sarah, veniamo via da quest’ultima seduta prima delle vacanze. Lo stringe a sé con tenerezza, noi stringiamo mani, buone ferie.

Siamo qui, su quel punto che spezza la retta, vicini alle foto che affollano i social da tempo, mari e montagne altrui, bambini in costume. Tocca a noi. Ce la facciamo. Balbetto la mia incredulità in un sonno che non viene, ho davanti tutto – adesso – quello che mi stava dietro: la visita dalla pediatra, quel fottuto tratto di strada infinito per arrivare al suo studio. Il pronto soccorso, la stanza di degenza. La prima volta che Sarah si accascia accanto alla porta del bagno perché non vuole lavare le mani. E io non so, e poi indovino la pazienza, ho la fortuna di quella parola che lei mi confessa, “ho paura”.

Ho stentato in giorni che era come stare su quei muri di cinta orlati di cocci a difesa dagli intrusi, perimetri che ti fermavi solo la notte e cosa c’era di là, non lo vedevi. Vedevi solo di qua, tutta quella bellezza che adesso sembrava vertigine.

Abbiamo ripreso a uscire. Venti giorni, li annoto uno a uno, segno progressi e domande. Scrivo perché ho la mania del controllo. Scrivo perché il potere che ho sulle cose è un filo d’inchiostro e poi da lì quel luglio da accartocciare riprende a respirare.

Guarda, ci fai una barchetta, se vuoi. Ci fai un gabbiano, un falco, fallo volare. Fagli solcare cieli.

In piccole quote d’altura, in piccoli sghembi tentativi che poi però una stella in più la vedi. Lascia stare che il resto del cielo è catrame. Il vestito, ad esempio: Sarah da due giorni ne ha messo uno fucsia. Recuperato da quella fila di indumenti delle cugine norvegesi che i miei ci portano a più riprese dai loro viaggi a Oslo. Anche quello verde a coccinelle era loro. Mi sono chiesta per venticinque giorni cos’avrebbe indossato se non l’avessimo avuto. I primi pantaloni: non si può andare in montagna senza un paio di braghe. Un pigiama. Ognuna di queste stupide idiozie galleggia nella nostra consuetudine come una grande novità.

Quante distanze ci sono, che non conosco e non conoscevo. Lo penso mentre l’accarezzo nell’ultima sera qui, nel letto che stiamo riconquistando. Tra la mia mano e la sua guancia non c’è più nessuno. È così duro ammettere la propria insufficienza. Che tra una madre e una bambina ci siano estranei che vengono a studiare le impronte, a lasciarci le proprie. Cosa manca a una mamma che carezza sua figlia per la notte, cosa manca tra quel palmo che si riempie tutto quanto di un viso bambino?

Partiamo. Come una grande svolta, o come un gesto sottile.

La sola distanza che non voglio è quella inferta dalle aspettative.

Eppure la sento, la traccia del viaggio: il segno buono.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 9

  1. una mamma zen

    “tra una madre e una bambina ci siano estranei che vengono a studiare le impronte, a lasciarci le proprie”, in effetti questo credo proprio che non sia facile. qualche estraneo che si intrufola in un rapporto che prima era così intimo, privato, fatto di piccoli gesti quotidiani a due. Buone vacanze, ho una voglia di montagna quest’anno che ti invidio (ma non siamo mai contente, si sa) un abbraccio

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      1. una mamma zen

        Non faremo niente di che, un paio di giorni in un agriturismo nell’entroterra (perché appunto avevo voglia di montagna e pace, ed era la cosa che più gli somigliasse) e poi un paio di giorni al mare dai miei (caoooos) Buon viaggio!

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  2. Piccole Mamme Crescono

    “Quante distanze ci sono, che non conosco e non conoscevo. Lo penso mentre l’accarezzo nell’ultima sera qui, nel letto che stiamo riconquistando. Tra la mia mano e la sua guancia non c’è più nessuno. È così duro ammettere la propria insufficienza.”… e son partite anche le mie lacrime! Le stavo trattenendo da una settimana, una settimana con la “grande” che ha avuto la stomatite, digiuna, dolorante, che ha pianto…sempre!
    Anche io ho staccato un poco la spina…e Dio, quanto fa bene! Vi auguro soltanto giorni buoni ❤️

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