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Maternità

Sempre, mai più

Ai bambini non piace la relatività. Perché i bambini sono assoluti.

Lo sono quando piangono, e piange tutto quanto il corpo. Lo sono quando si spaventano, e ogni angolo di pelle si spaventa. Lo sono quando s’incendiano di gioia, e ogni muscolo divampa.

Ai bambini non puoi dire «sì, lo facciamo»: perché allora ti chiedono «quando??» E quello che rispondi, dev’essere certezza.

Ai bambini non piacciono i forse, i vediamo e i però.

Non piacciono nemmeno quei razionali e accorati «un’altra volta». Non c’è un’altra volta, nel mondo dei bambini. Oggi è adesso, e adesso è sempre. E se non è adesso, allora non so cosa farmene.

Non è meraviglioso, quel codice assoluto? Non somiglia forse alla marea degli innamorati, ai per sempre e ai mai più?

Eppure loro fanno spola, dall’uno all’altro, con una fluidità che ai «grandi» fa paura.

Un attimo è un suono forte, uno scroscio improvviso, dal salotto: siamo andati a vedere, sapevo di trovarmi la cucinetta caduta. Invece c’era la cucinetta caduta, e Isabelle che la reggeva per un lato. La bocca tanto grande nel pianto senza speranza, gli occhi invece incollati da quella stessa disperazione. Dieci minuti dopo eravamo a tavola, aveva mangiato due piatti di polenta, e ci mostrava un disegno appena finito: il sorriso era tirato su da un lato all’altro dalle lenze dell’orgoglio.

Non ci sono vie di mezzo, ma solo intermezzi: madri e padri che consolano, e figli che ripartono accesi. Non importa quanto forte sia stato lo schianto.

Non ci sono ragionamenti, eppure l’emozione pare che se la lasci libera e folle poi scorre da sé. Ché viene il dubbio che ragionarci e guidarla alla fine sia una gran cazzata. Lo vedi da loro, che la forza vince sempre. Che la stessa faccia si lascia traversare dalla costernazione e poi zampilla; si lascia sconsolata, e invece è sempre consolabile.

Perciò ce la faranno, ancora e sempre: anche stamattina che le dico «magari viene oggi, la tua amichetta, a casa nostra», riaprendo una promessa mai evasa. Le promesse non sono capigliature che tingi, non le puoi ritrattare. Isabelle si è presa il «magari» e se l’è reso certezza. Adesso si punta all’entrata della sua classe perché oggi la sua amica non può. Si lascia afferrare tutta quanta in un pianto, reclama «mamma!» e io so che i «magari» ai bambini fanno male.

Ma so anche che il tempo di varcare l’uscita dell’edificio e mia figlia chissà quale altro assoluto se l’è venuta a prendere. Forse un unicorno, una lavatrice di legno dove giocare a fare la mamma. Quella stessa amichetta che lì non è come averla a casa,

e non è che abbia dimenticato. È solo che i bambini sanno: lasciarsi traversare.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 10

  1. Anonimo

    Vero verissimo. Per i bambini è tutto bianco o nero, ora o mai più. Crescere vuol dire anche imparare a vedere le sfumature, procastrinare tollerare le frustrazioni. L’immagine è deliziosa. Lo fanno anche i miei bimbi e lo facevo io da piccina.

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      Maddalena

      Mah. Imparare le sfumature a volte stinge la visione. Il loro entusiasmo è qualcosa che invidiamo, ma la controparte è la disperazione per piccole cose. Ma siamo sicuri che noi, invece, non ci fissiamo per piccole cose? In compenso, loro presto si riprendono, noi restiamo inchiodati ai torti per sempre.

  2. Mamma Avvocato

    Da un lato il loro assolutismo è doloroso e forse a vivere sempre a mille gioie e paure come nell’infanzia si rischierebbe di non tollerare, di consumarsi, come un fuoco d’artificio dopo la fiammata. D’altro canto, è una caratteristica che adoro dei bambini e che invidio, perchè anche noi adulti passiamo da un eccesso all’altro come loro, solo che non sappiamo sempre viverli appieno e, soprattutto, lasciarci traversare senza strascichi.

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      Maddalena

      Noi non reggeremmo proprio perché abbiamo strascichi. Ma anche perché abbiamo un filtro di giudizio, abbiamo esperienze che ci hanno condizionati… insomma una valanga di cose per cui è difficile essere come loro. Io a volte mi dispiaccio di non esserlo, lo invidio, ma non è semplicissimo tornare a quel fluire così libero.

  3. Lorenzo

    Hai proprio ragione, e questo assolutismo ti fa rendere conto di quante volte gli diciamo cose giusto per dirle, sapendo già che rimmarrà solo una cosa detta. Me ne accorgo, e faccio fatica a farne a meno. Spesso mi dico “Stai zitto è meglio”.
    Un saluto
    Lorenzo

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