Altre Verità

Amarsi

Ti sei fermato. A metà. La portiera su una gamba, l’altra sbattuta mentre me ne vado.

Siamo due fessi inginocchiati nella sera. Il Golgota delle mie paure.
– Amami! – hai gridato.
La tua bandiera ferma, issata su una forza che ti invidio.

Sei sempre stato tu, tra i due. Quello che nomina le cose, che abbraccia il volante, in tutte le strade. Io quella seduta accanto, le mani in braccio. Sono sussulti che non si levano mai in strazi, i miei. Né in promesse. Li poso come quei fiori secchi che abbiamo preso la prima domenica. Senza convinzione.

La mia storia la conosci. Te la ripeto in mille voci e mille sere, nei viaggi coi finestrini accesi al buio, le folate dei miei capelli, davanti all’autoradio. Mi dici non importa, posi quel mento ossuto a pungere di barba una tempia: “Io aspetto.” Dopo due note crollo in una canzone che mi salva, imbocchi apposta tutte le rotonde che puoi, ti piace vedere la mia testa che vaga, che sembro tua.

Te la racconto a fiotti, nei mattini difficili, la frana del tempo, quando la vita è infedele. Così spesso la sotterriamo in piedi cacciati sotto alle coperte sul divano a due posti, sogniamo in film, in improvvisi ardori.

Chi dei due consuma di più l’incenso di questa ingenuità? Levati quella faccia chiara, la sola colpa di un neo che giocavo a schernire, lascia la compostezza dei sì. Bestemmia una volta, una volta guardarmi. Sono la donna sotto il pergolato, stendo una mano, non ho altro. Che tasche rapide dove tornare. Dove ho imparato ad accucciare l’amore. Prenditi un pezzo di femmina, una che sappia andare oltre, che abbia la foga necessaria, e la pazienza, anche. Una che non le han fatto male, o sa serrare i mali nella terra, come radici.

Tiro su il naso, poi levo gli occhi. Tu di là di un marciapiede diventato enorme. Trafitto dai lampioni.

Ti guardo le mani, la loro tortura solitaria mentre aspetti. La pioggia delle dita sul tetto della macchina. Ti guardo in questa bocca di sera che digrigna i denti.

Tu, adesso, l’impazienza. Mentre le chiavi tremano. Nell’ultimo portone.

 

Rondoni D., Avrebbe amato chiunque, Parma, Guanda Editore, 2003

Con questo post partecipo al progetto #aedidigitali. Esercizio della settimana: raccontare a partire da una poesia, intorno, dentro, accanto. Entro 400 parole.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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