Intermezzi

Ogni mattina

Bisognerebbe dire a quella signora che il gatto se lo tenga a casa.

Oggi indossa un gilet imbottito coi colori della Nazionale. Forse il frutto di qualche raccolta di bollini, o di una vista che invecchia. Forse, invece, stendardo che implora compagnia, capace di infliggere alla corte che calpesta con compostezza e insistenza, la richiesta di un piccolo omaggio, uno sguardo.

La trovi ogni mattina, ti basta che alzi gli occhi dal poggiolo di uno schermo, dal tuo sfogliare carte mai riordinate. Lei ce l’ha, il suo umile ordine cosmico: sta tutto in quei giri di ricognizione alla ricerca di un gatto che, scommetto, perde di proposito.

Una volta lo chiamava, la sentivi senza vederla, come quando arriva la voce fuori campo di un film: “Kevin! Kevin!”

Hai voglia a sperare nell’apparizione improvvisa di Costner. Al più rimediavi un passeggino pisciato dal suo quadrupede, e così da allora il passeggino fuori non l’abbiamo più lasciato.

Invece Kevin sì. La sua donna, pure.

Scandisce le ore medie, come un metronomo. Il vecchio dell’osteria accanto taglia la corte sulle due ruote di una bicicletta, e ci speri due parole, e invece – singolarmente – non s’incrociano mai.

Troppo rapido, lui, troppo bassa, lei. Tra i tetti delle auto.
Solo se piove, la corte fa ameno di lei.

Poi quando l’ha riacciuffato lo tiene come un neonato, e il passo di colpo si fa rapido, furtivo. Su per le scale, lungo il ballatoio, e poi dentro la porta. Con la fretta del sollievo.

Ogni giorno la storia si ripete.

Bisognerebbe dirglielo, di tenersi il gatto in casa.

Ma nessuno vuole toglierle la sua filastrocca quotidiana. L’anello salvifico che la tiene viva in queste mura.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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