4
I beffardiMaternità

Non pronunciare il nome di “mamma” invano…

P1060205_wMentre attendo con trepidazione che la piccola Isabelle pronunci per la prima volta il fatidico mamma, che sia un bisbiglio barcollante, una balbuzie in cui riconoscere a stento l’appello, o una voce argentina che chiama a squarciagola… singolarmente aspetto, anzi supplico, che gli altri due smettano di farlo.

“Mamma, mi apri questo?”
Sarah regge una tolletta a forma di cuore, nel bel mezzo del corridoio: perline di dimensioni non più grandi di un pisello. È certamente valsa l’interruzione della mail che da dieci minuti cerco di leggere di là, in cucina, vista la pericolosità dell’accoppiata “perline a terra – bebè gattonante e mangiatutto.”
“Mamma, ma la Sarah non mi ascolta!” intona Patrick mentre scrive di tutto punto un elenco di città su un foglio. E cosa deve ascoltare? “Che deve smettere di fare i timbri sulla mia pagina!”
I timbri li fa con la gomma, che ha pitturato in ogni sua sfaccettatura di viola. Con pennarello non lavabile. Lasciami immaginare come sono le mani.
“Mammaaaa!”
Dov’è Sarah?
Chiama dal bagno. E non per le mani.
È l’effetto eco delle vacanze: improvvisamente il mio nome risuona senza soluzione di continuità da un versante all’altro della casa. Senza il frangivento del padre la preziosa parola spira incontrastata tra le mura domestiche.
“Mamma guarda”, “Mamma non si chiude”, “Mamma non ci riesco”… Non è che non siano “bravi” (parola dal dubbio e controverso significato), è che rendono inevitabilmente frammentaria qualsivoglia attività in cui tento di cimentarmi, anche quando non mi monopolizzano apertamente.
In effetti, quando si parla di “vacanze”, bisognerebbe specificare il soggetto.
Dopo la notte insonne (e perché dire “una” notte? È mica solo questa…) il palinsesto prevede: colazione a scaglioni, pipì a scaglioni, pulizia mani e bocche a scaglioni. Saluti a scaglioni del padre (nel mio caso con invidia nemmeno troppo nascosta), in partenza alla volta di quel luogo magico e sicuro che mi dicono chiamarsi “ufficio” (zona in cui gravitavo anch’io nella mia vita pre-madre, ossia quando, a dirla tutta, una fuga dalle pareti domestiche non era in realtà affatto necessaria). Riordino della cucina, mentre, per la legge dell’autonomia dei piccoli, i figli ridisegnano l’anatomia del resto della casa (il postulato recita infatti: “L’indipendenza dei bambini è direttamente proporzionale al livello di entropia che troverai al tuo ritorno.” Ché bravi solo con un libricino in ordine sulle ginocchia o un foglio sul tavolo non si è mai visto che durino più di dieci minuti). Un minimo di faccende di sopravvivenza (tipo rifare i letti o lavarsi la faccia), Isabelle che frigna e se le asciughi il moccio s’impenna ancora di più, Patrick che ha finito quello che stava facendo e per passare il tempo dice “brutto” a tutto ciò che fa Sarah ingegnandosi.
E, finalmente, messa a letto la piccola, puoi occuparti di loro. Che culo.

Per una stay-at-home mom (ma anche stay ai giardini, al super, per strada: sempre e solo mom sei), le vacanze sono quanto di meno propizio e salvifico si possa concepire: abituata a stare coi figli, banale per loro come un vecchio elettrodomestico, non solo non ho più tempo libero, ma nemmeno più quello necessario. Tutto ciò che, normalmente, ha preso routine nelle ore di sonnellino di Isabelle, viene improvvisamente sfrattato, ribaltato, sradicato, dallo tsunami delle vacca-nze (quei giorni nei quali impera il “porca-vacca”).

Ma il mio momento prediletto è il pasto, un privilegio difficilmente accessibile: do un pezzo di pane a Isabelle per tenerla buona mentre le preparo la pappa. Poi do la pappa a lei mentre cuoce la pasta per gli altri. Poi le do un dolcetto per tenerla buona mentre do la pasta agli altri. Lavo mani e faccia alla piccina mentre affetto il kiwi ai grandi. Sparecchio con piccola a carponi sulla lavapiatti mentre quelli finiscono la frutta (e la moneta di cioccolato). E riuscita nella difficile transumanza dei figli dalla cucina al salotto mi chiedo in un lampo rapido come sotto minaccia: “Sparecchio per rendere il tavolo riutilizzabile, oppure mangio?”

Oppure nessuna delle due. Perché qualcuno sta già chiamando.

IMG_1026_w

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

Commenti Facebook

Commenti 4

  1. emy

    grande anche questa delle vacanze.. Mi hai fatto molto ridere e mi ci ritrovo molto, soprattutto quando erano piu’ piccole anche le mie. Mi consola da un lato sapere che non sono l’unica mamma a sentirsi ‘overwhelmed’ dai bambini. E se esprimi tu questa sensazione, tu che hai sempre amato i bimbi piccoli molto piu’ di me…

  2. Francesca - Il caffè delle mamme

    Quando si dice mal comune mezzo gaudio! Ma stavi parlando forse di me?
    Ultimamente a fine giornata mi chiedo spesso, ma non potevo rimanere single o che ne so, farmi suora? Non sarebbe stato tutto più semplice?
    Io ultimamente sono a caccia di “silenzio” quando mai riesco ad avere tre minuti di pace cerco di rigenerarmi, ma ormai è diventata più che altro una caccia al tesoro.
    Ho una foto di Sofia nella lavastoviglie, questa cosa un po’ mi rincuora, pensavo che solo la mia fosse tremenda!

    1. Post
      Author
      Maddalena

      Hai detto bene, una caccia al tesoro! Ma non è forse per questo che a scuola si faceva il tanto odiato gioco del silenzio? Lo facevate? Come se noi bambini ci potessimo cascare… Posso provarci, ma di solito, se c’è chiasso, aggiungo il mio, urlando ai figli di star zitti 🙁

Lascia un commento