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Maternità

L’ultima

SONO L’ULTIMA MADRE, CHE PRENDE L’ULTIMA BAMBINA RIMASTA

 

Arrivare per ultima. Ultima. Ultima.

L’avessi fatto a tuo fratello avrebbero chiamato i servizi sociali. La croce verde di Baggio. L’ospedale San Carlo. L’avrei trovato svenuto per i pianti, agonizzante. Poi avrebbero ricoverato entrambi, per maltrattamenti reciproci, per sincope parallela.

Avrei avuto un senso di colpa misto a rabbia per quella sua impazienza terrorizzata dalla perdita di controllo. Quella sua capacità di caricarti addosso le sue paure e fartele diventare colpe. Tanto che poi non le distingui più.

Invece eri tu. Sarà per quello che ho corso, ma a cuor leggero.

In qualche momento dell’ingranaggio, non so dove, ho sbagliato qualcosa.

Prendere tua sorella dal lettino, le calzine, i leggings col fiocchetto di brillantini, il berretto da bebè che le fa il viso tondo come l’oblò di una nave, legarglielo sotto al mento dicendo guarda in su. La giacca, scaraventarla nel passeggino, le scarpe, le sue, le mie.

Tutto come sempre. E invece era irrimediabilmente tardi.

Ho cominciato ad accorgermene e ho corso, mi sono perdonata per le cacche che avrei pestato, per i pedoni che avrei scansato malamente, le foglie che avrei scompaginato, i cani che avrei spaventato, lungo il parchetto dove viaggiavo in senso opposto al mondo.

Ho avuto la fortuna di un vigile clemente, la volata sulle strisce pedonali, dai passa, mi fa segno con la mano nel guanto. Il cancello è fitto di via vai, eppure, superata la barriera, trovo il cortile punteggiato da pochi reduci infreddoliti. Non devo nemmeno lottare per trovare un varco al passeggino. Lo spazio mi obbedisce.

E in quel momento capisco.

Bianca, come i pois della tua giacca scura. Sei una statuina, accanto al corpo saldo della maestra. Come le candeline accanto al grande cero. C’eravate solo voi due, la funzione è finita.

Fa uno strano effetto sentirmi in colpa senza potermi arrabbiare. Sorridi appena, appena dopo avermi vista. Io, intanto, ho preso al volo quell’attimo esatto di cui mai mi dirai: lo smarrimento. Un’espressione che non ti conoscevo.

Mi scuso con la maestra, ti prendo subito.

E chissà quella cos’ha pensato. Che ho fatto mille acrobazie, che arrivo da un lavoro lontanissimo, da una riunione urgente che non finiva mai, non ho trovato parcheggio, ho preso di corsa tua sorella al nido.
– Càpita – mi dice. Sorride dal suo caschetto a piombo. Dolcemente.

Invece ero a casa. Leggevo. Vedevo che era ora ma credevo di farcela.

– Hai avuto paura?
Non lo dici. Ti leggo un lieve dondolio, forse sono io che voglio vederlo. L’hai già dimenticato, oblò anche tu, nel cappuccio che ti ho tirato su, in questo primo freddo vero. Cammini già salterellando. L’ho fatta franca. Mi è andata bene. Volevo prenderti una focaccia per farmi perdonare. Invece ti ho chiesto scusa: – Ho sbagliato io. Mi perdoni? Credo che non arriverò più così tardi. Soprattutto senza un motivo.

E poi ti ringrazio. Perché sei forte e fiduciosa. Sei una gioia in cui si perde, istantaneo, ogni sbrego. Alla fine sono io che pago: ho perso quel grande sorriso che spazza la folla quando mi vedi. E mi trastullo coi residui sciocchi di un senso di colpa.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 8

  1. Giovanna

    Sto piangendo, credimi. È successo anche a me, l’ inverno scorso ed io non stavo leggendo, peggio, stavo giocando con suo fratello. Ora, immagina l’ enormità del mio senso di colpa, la strada deserta, ghiacciata, con me che scivolavo a destra e a manca e il passeggino che sgommava. E poi l’ ho trovato lì accanto a quel donnone della maestra e … il resto l’hai scritto tu. Quando siamo arrivati qui, il primissimo mese, abbiamo perso, in paese, S e A. Stavano giocando in piazza e noi seduti al centro seduti ai tavolini di un bar. Insomma, alla fine ce li ha riportati un signore (un santo!!!) , dicendoci di aver trovato mia figlia in pieno attacco di panico, con pianto isterico e il fratello piccolo che la consolava 🙂 ! Scusa il papirone di commento ma volevo che capissi. Un abbraccio

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      Maddalena Capra Lebout

      Sì, insomma… è cosa nota che ai bambini non piace essere presi per ultimi: quello che però nessuno dice è che nemmeno alle madri piace questo senso di vergogna e colpa di arrivare ultime! Guarda, dietro di lei non c’era nessuno. Vuoto. Adesso sorrido, ma anche perché, davvero, Sarah è una forza. Non credo nemmeno abbia aspettato tanto, non lo saprò mai. Due minuti infiniti? Tre? Cinque? Per te è sicuramente stata più dura, paese nuovo, tutto nuovo. Ma quella della piazza dev’esser stata più pesante: mi immagino lo spavento!(O non te n’eri accorta?)

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  2. Silvia Fanio

    Succede anche a me, a volte, purtroppo, quando dove lavoro una mamma ritarda, inevitabilmente arrivo tardi pure io… corro come una disperata, ma arrivo tardi. E mi dispiace tantissimo…
    Ma trastullarsi tra i sensi di colpa fa male solo a noi.
    Siamo umane, non ci odieranno per questo, cresceranno e capiranno! (spero…)

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  3. Anonimo

    Oibo’! Io arrivo per ultima o penultima praticamente tutti i giorni e certo, non mi fa piacere, però il ricciolino non si è mai scomposto ne’ la,entrato ed anzi, quando non succede, è tutto felice oppure, all’opposto, a seconda di cosa sta facendo, mi rimprovera perché avrebbe potuto stare a giocare ancora un po’. Le maestre, invece, credo mi detestino perché le faccio uscire sempre all’ultimo minuto!!! Comunque capisco il suo smarrimento ma forse tua figlia, semplicemente, lo ha vissuto come una cosa banale e non significativa, come la vive il mio.

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      Maddalena Capra Lebout

      E, però guarda che alla materna è diverso: anche lì io arrivavo quasi sempre per ultima, ma non ci ho mai scritto un post! Alle primarie c’è un altro clima, a partire dal fatto che non sei tu ad andare dentro l’edificio, verso la sua classe, sulla porta dell’aula: sono gli alunni che escono nel grande piazzale tra la porta dell’atrio e la cancellata su strada. Immagina un piazzale enorme, quasi vuoto. In un angolo: lei con la maestra. Ti dico, fa un altro effetto. Comunque un po’ ci è rimasta male, lo so, me l’ha detto oggi, ma mi ha anche detto “ti perdono”. Wow!

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