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Maternità

L’Incarico

LASCIATE FARE AI FIGLI (FINCHÉ DURA)

 

luna disegno

Far digerire le regole ai figli è come nascondergli la verdura nel sugo della pasta. Lo capiscono subito che quel mettiti il pigiama, declinato poi in ti ho detto metti il pigiama, adesso metti il pigiama o non ti leggo la storia ha a che fare con qualcosa di ostico.

E allora perché non frullare le regole? Sì, come la verdura.

L’altra sera mi viene l’idea geniale.

Sono le nove e venti. Alle nove e trentacinque dovete essere sotto le coperte. Lavate i denti, mettete il pigiama, guardate il cartone: gestitevi voi. Questo è il tempo che avete, prima vi preparate più cartone potete vedere. L’importante è che alle nove e trentacinque siate sotto le coperte, pronti per la storia da leggere. Ciao.

A Sarah, che lamenta difficoltà spiccate nell’interpretazione delle lancette, semplifico indicando che quella lunga dev’essere sul 7.

Nessuno intervenga.
Perché il punto è questo: loro sono responsabili e padroni di questo tempo. È questo che li galvanizza.

Quando ritorno in salotto la tv è orfana di occhi espatriati, a parte il gruzzoletto ancora cicciottello di Isabelle, non è rimasto nessuno, a mollo del divano. Mi sento una madre fichissima.
Si sentono fichissimi loro. Lo indovino da quell’oblò orgoglioso di Sarah, che stasera si affaccia sulla soglia: – Mamma, ci dai l’Incarico?

L’ha chiamato così. Come si dà un nome a un evento, un cucciolo di casa, un luogo.

Isabelle tira Patrick per la canotta, lui un po’ guaisce, un po’ sta al gioco, si sconquassa, la maglia e il suo riso. Sta volta sono così occupati che la tv l’hanno perfino dimenticata spenta. Corrono tra il gioco e gli spazzolini, stortano tappeti, lanciano risa.

All’ora stabilita non c’è più in giro nessuno, anche la piccola oggi è scomparsa. Quando sono tre in due letti li vedo insieme come mai prima: una miscela fluida, leggera. A parte le lenzuola che hanno già fatto la guerra è rimasto solo un grande sorriso che mi aspetta. Stasera siamo la pubblicità buona di noi stessi.

Gli chiedo della scuola, perché a letto è più facile, a letto le storie sbucano senza estirparle. Soprattutto se ci arrivi senza contese. Gli chiedo della fantasia. La fantasia è importante, dico. Monitorizzo. Perché ce n’è troppo poca, a scuola.

– Voi siete come scatole, piene di fantasia, poi col tempo entra la conoscenza, e la fantasia si stringe in un canto: aiuto, aiuto! Se non le danno spazio a scuola lo faremo noi a casa. Bisogna fare una cosa di fantasia al giorno, inventare. Una storia, una costruzione, una recita. Una buffonata, una piccola follia.

Sarah racconta che han fatto un disegno, l’altro giorno, la maestra, fiera, ha detto loro “colorate questa scheda piena di fantasia”. “Ma che fantasia è – argomenta l’arguta mia figlia – se è una scheda e i disegni bisogna colorarli copiando dalla LIM (lavagna interattiva multimediale)?”

E allora ho pensato che tutto è a fuoco. Perché ogni tanto devo sondare, dove siamo rimasti, dove sono loro. Misurare, testare. Come nell’Incarico.

E poi c’è Patrick che sogghigna. Ha una cosa da dirmi e vuole che gliela rubo, fa il tiro alla fune dei segreti. Dice che c’è una cosa “che se la sai impazzisci”.

– La maestra prima di uscire…
– Ha fatto un rutto?
– No, peggio!
– Ha scoreggiato?
– No. La maestra ci ha messo…

Gli vedo un sorriso che non avevo mai visto. Mi sento lontana e vecchia. Di colpo è un ragazzino… solo la bocca bucata da denti in ritardo lo tiene bambino. E le mie coccole.

E alla fine mi sputa il nome: “È tutto molto interessante”, la canzone di cui nulla so. Un altro miglio.

Mentre Sarah se la ride e mi ripete il cantante, che poi sarebbe la stessa che mettono a lei. Insomma una cosa con una parolaccia: loro si gasano come coca cole in un tango, per quell’ascolto proibito di una parola dei “grandi”. Forse è questo che gasa, di risulta, le insegnanti.

Ma come fai a stonarti la faccia incupendoti adesso?
Stasera non mi ricordo nemmeno, come si fa a incazzarsi.

C’è un amore, stasera, che le stelle sono venute giù e si sono messe in fila al davanzale per farsi ricaricare.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 11

  1. blogcambiopasso

    Maddalena devo ricordarmi questa tua idea per quando i miei figli saranno più grandi. Fantastica! adesso la metto in un cassetto e tra un paio d’anni la tiro fuori 🙂

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      Maddalena Capra Lebout

      Quanti anni hanno? I miei 8, 6 e 3. Quella di 3, come vedi, per ora fa come viene. Ma gli altri due sono impeccabili, soprattutto la seienne (subodoro che il maschio di 8 durerà pochissimo!). Buonanotte 🙂

  2. Piccole Mamme Crescono

    Wow! Grande idea…anche io la “conservo” per quando le mie saranno più grandicelle 😉
    Perchè è vero che far digerire le regole ai figli è un compito arduo, lo noto già nonostante ha “solo” due anni!

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      Maddalena Capra Lebout

      Il bello è che – finché funziona – oltre a non dover fare lotte, puoi tranquillamente occuparti di altro, sistemare la cucina, cazzeggiare sui social… 😉 Tra l’altro credo che sia anche pedagogicamente valido, perché li responsabilizzi (magari il dentista avrebbe da ridire su come lavano i denti…)

  3. Veronica “veramenteveronica” Alberti

    incarico …. da noi prende il nome “tempo” …… da ormai …forse da sempre soprattuttto con i grandi funziona e come hai detto tu fino a che funziona è una cosa grandiosa. andare a letto senza dover dare ultimatum o alzare la voce.
    ogni tanto mi sembra di avere poteri magici …bho o forse li hanno loro!!!!!!!!

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  4. Dindalon

    Beatrice è ancora piccola, allora, ma un bell’orologio con le lancette ad indicare quando è ora di ritirarsi – aiutata da noi – potrebbe essere utile.Perché è davvero un tasto dolente.
    Che bello immaginarvi così, la sera 🙂

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      Maddalena Capra Lebout

      Noi con Patrick, quand’era piccolo, gli davamo dei limiti di tempo per altre cose, per es. per stimolalo all’autonomia, dicendo “giochi da solo fino a quando la lancetta arriva sulla fragola”: avevamo appiccicato adesivi diversi nei punti “cardinali” dell’orologio. Puoi provare anche così. 🙂 Tre anni credo siano già una buona età…

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