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EventiMaternità

Il primo Natale

A te piaceva il martedì.
Ti svegliavi ed era speciale: abitavi quel giorno come una grande occasione, l’appuntamento con poche righe su un libro, che poi si consumavano presto, la tua voce spiegata e netta, chiara, quasi aggressiva. Papà che ti massaggiava i piedi, che se reclamava di leggere lui, lo liquidavi: “Non si capisce.” Lo correggevi, e lui si lasciava fare, a volte. Altre s’increspava.
Io stavo lì, ché per me era un giorno come gli altri. Mi rotolavo nell’acqua e spingevo sul dorso del libro. Ti sentivo commentare con orgoglio fintamente infastidito: “Dio, quanto si muove!” In realtà ti piaceva. E intanto imparavi qualcosa di me: quanto crescevo, quale dei miei sensi si stava sviluppando, cosa aspettarsi.
Eravamo unite da una corda: morbida, mai tesa. Flessibile e salda nello stesso tempo.
Riempivo le stagioni: ho riempito una maglia, prima, poi un golf, la giacca blu che sbottonavi, e infine la giacca a vento nuova, marrone, lunga.
P1050796_wDividevo il pensiero: da un lato mi avresti tenuta così per sempre, perché era facile. Era facile, ed era bellissimo. Dall’altro scalpitava l’aspettativa, la curiosità. Ma mancava ancora un po’. Hai navigato a vele tese, fiera: la tua ultima gravidanza. Hai preso tutto quello che potevi, assaporato ogni sfumatura.
Il giorno di Natale ti sei seduta sulla poltrona a righe, col biglietto di papà in mano, e ti sei commossa. Patrick e Sarah scartavano i regali, li hai guardati dal tuo oblò appannato di emozioni, hai pensato a quel pacchettino che mi avevi preparato anche se non c’ero ancora, al Natale seguente, un punto lontanissimo perso in un mare di mesi in cui tutto sarebbe cambiato, come un’idea troppo larga per poterla vedere.

E adesso è qui: quel Natale con l’albero in un altro angolo del salotto perché il mio box non gli lascia spazio. Quel Natale che tutti corrono e non so perché. Quel Natale che si aspetta – dicono – il vecchio con la barba bianca e il cappello rosso, la slitta coi regali, la neve che non viene mai. E io osservo l’albero con lo stesso stupore con cui guardo il tuo sorriso. Le luci come le ombre. Le ghirlande come le tue collane, come un nastro qualsiasi. E quando quella festa verrà, sarà un giorno qualunque, perché niente è qualunque. Perché non so ancora la differenza tra dare e prendere, donare e ricevere. E farà più differenza a te, quel giorno, che a me. Allora ti siederai sulla poltrona a righe, io mi avvinghierò alle tue gambe come edera, non ti lascerò leggere in pace il biglietto di papà, sta volta, e ti costringerò fuori dalla tua nuvola di pensieri. Stropiccerò la carta dei regali e mi mangerò i nastri. Ti sentirò spazientirti, poi correre per non fare tardi dai nonni. Provare i vestiti e lamentarti che non ti senti bella. Rimproverare i miei fratelli che non sono ancora pronti.
Ed essere felice.
Felice del casino che ho aggiunto al vostro caos. Felice delle carte che ho strappato. Felice di tutti i giorni attraversati, da quel Natale a questo, costellazioni di piccoli natali quotidiani. Di mille martedì riassorbiti nella trama dei giorni, che i progressi non li leggi più sul libro rosa della gravidanza. Che siamo pezzi di una stessa vita, anche se non c’è più quella corda, siamo un ventre infinito. Anche nella giacca vuota.
Felice come me, mamma, perché ha ragione mia sorella quando dice: “A me mi piace di più quando la Isabelle è fuori dalla pancia”. C’è un mondo intero, di cui meravigliarti con me. Due occhi scuri e buoni, che se ti guardi lì dentro diventi Bella davvero.

Buon primo Natale con me, mamma. E grazie che ci sono anch’io,
Isabelle

Ps: non ti arrabbiare se la notte di San Silvestro i botti mi terranno sveglia.

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Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 3

  1. Paola Paola

    E’ veramente stupenda con quella luce negli occhi. Dolcissimo leggere le sensazioni di una mamma che vive così partecipe alle prime esperienze di una nuova creatura. Complimenti, non sono una mamma ma mi hai trasmesso quella piacevole emozione di esserlo. Grazie!

  2. la mamma

    Certo che sono felice. Tu non badare a quando dico che mi hai rotto le p… a quando grido che ti metterò a dormire nel box, a quando mi lamento che fai contatto col suolo, strillando appena lo sfiori perché vuoi me. Certo che sono felice. (però se ti raddrizzi un po’… lo sono di più!)

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