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Altre Verità

Il limite

BISOGNA VEDERLO, CHE AVANZARE A VOLTE NON FA “AVANZARE” NULLA, CHE VAI AVANTI MA COSA “RIMANE”?

 

I limiti, si dice. Sono fatti per essere superati. Bisogna spingersi, imparare, migliorarsi. E così mi sporgo, allungo la mano. Sono così protratta da perdere l’equilibrio.
Che a un certo punto cado.

I limiti. Si dice.
Sono distanze da mangiare, linee da cancellare. Ché tanto, poi, levata una un’altra ne trovi. Due passi più in là. E con questa scusa di avanzare sei abbastanza occupata da sentirti agile, attiva. Forse perfino vincente.

Avanzare. Avanzare vuol dire anche “rimanere”: quello che resta.

I limiti sono anche un contenimento, il parapetto di noi stessi, non sono mica solo stronzate, ombre dettate dalle nostre paure, dalla nostra zoppia. Bisogna vederlo, che avanzare a volte non fa “avanzare” nulla, che vai avanti ma cosa “rimane”? Di te, di quello che poi ti volti e capisci che hai lasciato indietro ciò che più conta.

Me ne accorgo una sera. Che mi aspettavo una barca di sorriso sui denti, ormeggiata e beata. E invece ho una cucitura stretta. I piedi allineati sull’ultima sigaretta del giorno. Quando vado di là, per salutare i miei figli che dormono, io vedo.

Vedo il topo grigio con cui stasera Isabelle ha stabilito di passare la notte. Ha scartato il solito orsetto, il coniglietto rosa di mille mesi. Anche lei, a modo suo, si prova. Si segue. Oggi le andava quello. La lunga coda sotto la coperta, il topo sul petto come un secondo cuore, sale e scende nella piccola marea del respiro.

Vedo Sarah finalmente in pace. Siamo rimaste come due zabette, imbronciate per la cazzata di uno smalto a brillantini sfigurato da un gesto incauto. Ho visto la sua tenacia, ho condannato la mia. A debita distanza, lei sul divano, rannicchiata nel torto che crede. Io in cucina. Per mezzora ha chiamato mamma! Con quel suo lamento che mi scortica. Poi ha smesso. Il suo limite era quello. Il mio era di non alzare il sedere di qui. Poi lo faccio, vado, ci abbracciamo. Perché c’è un tempo per tutto. E se lo fai troppo presto gli occhi lo sanno, restano lì come pozzanghere che tremano. Non puoi convincerli.

Vedo Patrick senza coperte, ha lottato anche stasera, il suo grande cane che gli fa da guardia, forse gli basta quel pelo acrilico, ora ha le sue gambe da cavalletta mezze snudate da un pigiama che scappa.

Forse chiamo modestia la paura di osarmi. Forse, però, non è così sbagliato fermarsi all’ennesima sfida. Stare. Così come sei. Forse s’impara qualcosa, perfino molto: anche dai passi che abbiamo deciso di non compiere.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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