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Maternità

Il bimbo che piange

Scommetto che tutti hanno pensato la stessa cosa. Chi con le mani sullo smartphone, chi a nauseare l’attesa. Di tanto in tanto ai più saliva lo sguardo come una parola imbrigliata, tenuta indietro dalla buona educazione.

In quella bottiglia piena di gente che è un metrò nel mezzo del giorno non si sentiva altro: che un bimbo disperato.

Il passeggino è fermo vicino ai sostegni, il piccolo non ha più di un anno. Nessuno lo guarda. Pare rispetto, ognuno è concentrato sull’arrivo del silenzio. Poter riprendere le proprie conversazioni, riattaccarsi al velcro dei pensieri, ai calcoli sui tempi di percorrenza. Io invece non so tenermeli, gli occhi. E nemmeno il sorriso. Il suono di un pianto piccino è meglio di mille brusii, di quei video sui telefoni che ti siedono accanto insieme ai loro proprietari, a tutto volume perché chi se ne frega.

Aspetto che la madre prenda il bambino, dai prendilo, non lasciarlo così. E lei lo fa. Lo tira su, gli mette in palmo uno di quei gingilli a sonagli. Il ciuccio in bocca. Solo che il piccolo ha deciso di non farsi consolare.

La piccola rivoluzione ai nostri suoni. Il sonaglio vero è lui, lo scossone della vita indenne alle fermate, ai sobbalzi del vagone.

Sorrido ancora. Senza malignità alcuna, né fastidio. Solo con la dolcezza che ci viene, tra madri.

Allora lei lo culla, forse dovrebbe allattarlo ma non ne ha il coraggio. È l’ora di pranzo per tutti, ma noi siamo incamiciati nei ruoli, la vera camicia di forza è questa società.

Io mangio. Io sbriciolo e mangio. Sorrido, sbriciolo e mangio.

Finché Maddalena si alza, raggiunge la donna:

«Posso prendere il bambino? Lo porto al mio posto, gli faccio vedere il buio che s’incolla ai finestrini, gli canto una cosa».

Lei è incerta, conosce poco la lingua italiana, conosce poco anche la lingua dell’offerta.
Poi fa quel gesto timido, gli occhi da lui a me, annuisco, le prendo il piccolo, lo cullo e mi sposto.

Ma il bimbo piange. Non smette, non è cambiato niente.
A ogni fermata qualcuno scende, qualcun altro sale: il rinnovo anonimo del viaggio.

«Piange» mi dice lei.

«Non l’ho preso perché lui si calmasse. Ma perché tu potessi smettere di sentirti in colpa».

L’ho pensato per tutto il tempo. Che Maddalena poteva farlo: ma non l’ha fatto. Temeva di essere invadente.
Sussurrava solo, a quella madre: «Fregatene di cosa pensano gli altri. Il vero pianto è il loro. Sono loro, gli insofferenti».

 

[Photo by Camila Fernández on Unsplash]

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

  1. Mamma Avvocato

    Pura poesia! Ho sperato che lo avessi fatto davvero.Io non ne sarei stata capace, pensando che un’offerta avrebbe acuito i suoi sensi di colpa, facendola sentire ancor meno capace. E avrei sbagliato a non farlo.

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      Maddalena

      Come vedi non l’ho fatto neanche io… Interessante il tuo pensiero, che forse avrei fatto sentire quella madre inadeguata. In ogni caso offrirsi è sempre una bella cosa: ma serve una grande libertà interiore… che ancora non ho!

  2. Silvia Fanio

    Secondo me la. Paura dei giudizi della gente ci impedisce di fare scelte adatte ai bambini. Perché quando consono i bambini di mezzo gli adulti diventano crudeli

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