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I beffardi

I malriusciti

PICCOLI SINISTRI CHE HANNO PEPATO LA VACANZA

 

Tre settimane di vacanze sono tante. Di quanto siano state piacevoli ho già detto. Rigeneranti ancora non lo so, ché il rientro passa sempre per un purgatorio di dovuto scazzo e se le foto in quantità vergognose t’instillano un’incommensurabile nostalgia, perché non divertirsi a narrare dei piccoli sinistri che hanno pepato la pietanza? Un po’ come i maltagliati, hai presente? Oppure i brutti-ma-buoni:

nel ricordo gli aneddoti sono aneddoti, è buono tutto.

  • Il picnic a Sfigolandia. “Te l’ho detto, a me non è mai piaciuta la Val Veny” osserva mio marito camminando dietro di noi su uno sterrato rubato alla Dora. Abbiamo pensato fosse il posto ideale per un picnic, così i bambini giocavano col fiume, ma questo è un corso tempestoso e inavvicinabile, le rive hanno sassi grandi come palloni e l’aspetto generale è di un cantiere naturale. La catena rimane nascosta, c’è vento, e qualche panchina tenta invano il sorriso. Il vero riso arriva quando scherzo: “Benvenuti a Sfigolandia, prossima fermata Sfigolandia, scendere prego.” Patrick colava tutto intero in quelle fossette che gli sorgono quando ride pieno, Isabelle assaporava il gusto proibito di ripetere una parolaccia, Sarah era alla ricerca di un bagno con papà. Non era un giorno dei migliori, ma quelle toilette ci hanno riscattato: bastava entrare nel bosco e oltre alla casupola dei bagni c’era tutta un’area picnic adorabile (che solo ritrovando ho riesumato da ricordi lontani).
  • Il piatto sbeccato dal coperchio. “Ma sì, non importa…” Se lo facevo io mia madre avrebbe usato meno aplomb, Mathias ha dato un colpo secco col coperchio della padella e bam. “Lo incollo” dice. Il piatto finisce in un sacco e apre il festival del vasellame in pezzi (ma ancora non lo sapevamo).
  • La borsa del cambio rimasta a Courmayeur. Coi pannolini-mutandina che ancora inseguono le vergognose chiappe della petite. Ma, soprattutto, la busta dei loro farmaci. Nessuno si ammali nel weekend dell’esodo Italia-Francia e che Isabelle non caghi in macchina, grazie.
  • La giacca a vento rimasta a Courmayeur. A Milano con sette gradi sei incappottata. In montagna, in estate, obbedisci unicamente a quest’ultima parola e dunque stai in braghe corte, aggiungi una felpa, aggiungi un pile, aggiungi il k-way. Un vaffanculo. E l’anno successivo dici va be’, io una giacca a vento la infilo in macchina, va’. Solo che poi la lasci lì sul letto, accanto alla borsa del cambio.
  • Il piatto rotto n.2. A Les Contamines c’erano i fornelli in vetroceramica, Mathias mette su un hamburger e, per la prima volta da che lo conosco, decide di avvalersi di un piatto per appoggiarci le posate con cui cucina. Mette a calore massimo, resta a guardare. Quel polpettone pigro. Poi gli viene il dubbio: è il piatto, che cuoce, mentre l’hamburger, paziente, resta crudo nella padella della piastra dietro. Da lì la sequenza degli eventi si fa alquanto incalzante, sposta il piatto, no: scotta!, prendi una pattina, no: non la trovo, prendi uno strofinaccio, scivola il piatto sul lavello adiacente, va’ che adesso scoppia, sì: lo so. Esplosione.
  • Il sacco di immondizia saccheggiato da bestie non note. Indizi certi: brandelli di rifiuti che adornano il prato. Per la legge dei piccoli numeri questo evento ha luogo simultaneamente al precedente, apro la porta sul giardino mentre Mathias mi segue coi cocci. Esempio perfetto di raccolta differenziata.
  • La connessione wifi. Connessione gratuita per tutti, nello chalet. Basta infilare quel codice lungo ventinove caratteri. Mac: connesso. Smartphone di Mathias: connesso. Il mio: connesso. IPad: connesso. Pc della sottoscritta: “Impossibile effettuare la connessione.”
  • Il pranzo al ristorante: tutti. Uscita intorno alle ore 13.40 quando, dopo una colazione tardivissima (10.45) cominciamo ad aver fame. Malauguratamente l’apertura del nostro stomaco trova coincidenza perfetta con la chiusura dei ristoranti. Anche cedere ai più sportivi bistrot non porta lontano. A me, Sarah e Mathias salva le chiappe l’indiscutibile crêpe. Gli altri due vanno di frites o gelato. Per contro il giorno che decidiamo di fare merenda con una coppa di gelato la cameriera tentenna “vi metto qui, ché dentro devo iniziare ad apparecchiare per la cena.”
  • Il “folefono”. Meglio noto come telefono. Che suona invariabilmente alle 0.03 ogni notte. Nella stanzetta delle ragazze, in un comparto chiuso da porticina allucchettata. Il “tizio” (Isabelle ha riprodotto questo nuovo vocabolo innumerevoli volte) che si occupa di dare le chiavi di casa e riprenderle ai villeggianti non risponde alle dovute sollecitazioni. Solo la mattina della nostra dipartita ci dirà “ma io vi ho mandato il codice del lucchetto.” Mai pervenuto.
  • Un calice di vino rotto da Isabelle, con esito mini-sanguinario. Un calice di vino rotto da Patrick. Un bicchiere rotto da Sarah.

  • Due herpes labiali, una bronchite, una puntura di vespa. Mai viste tante vespe, ma tanto basta non dargli fastidio. Prescelta nonostante la bandiera di pace passerò il resto della vacanza semi terrorizzata e decisa a rivalermi su una collega della mia attentatrice. Riuscirò a vendicarmi e osserverò con gaudio una vespa stramazzare. Non prima di aver verificato che – sì – hanno davvero un “vitino da vespa”.

La candidata

Qui vittima

  • Il bagagliaio sonoro: ossia il portellone posteriore che non clicca più (non si chiude col “click”), il che si traduce in un portellone a sonagli, che aziona la spia sonora a ogni salita o gobba. (Poi sistemato in extremis).
  • La caduta: per non far sfigurare i bambini ho deciso di avvalermi della facoltà di caduta imbranata anche io. Ma non scendendo da un sentiero ripido o su sassi unti dalla pioggia. Da questo:Il bastardo è un cane, quindi sollevando la gamba per venir via non ho contato la pinna. Nel lungo mentre della caduta ho avuto il tempo di pensare: cazzo succede? Cazzo qui cado. Sto perdendo l’equilibrio. Sto perdendo dignità. Non posso credere di cadere da un giocattolo a molla. Adesso arriva la ghiaia. Aia. Che figura di merda.
    Al suolo, francamente dolente, prima di alzarmi mi sono concessa il tempo di: verificare che Mathias non ridesse. Verificare che i miei figli non ridessero. Verificare che gli altri inquilini del parco giochi non avessero visto la scema scena.
  • Ferragosto: la festa alla chiesa in cima alla valle. Quella dove arriviamo con quaranta minuti di ritardo aspettandoci i fuochi d’artificio e viaggiamo su strada deserta, camminiamo oltremodo controcorrente interrogandoci sul perché così tanti vengano via, e arriviamo esatti esatti, precisi precisi, all’inchino di strani personaggi dotati di tralci luminescenti che si congedano dal palco. La gente (rimasta) si alza. Possiamo pure sederci. E poi alzarci e tornare a casa. (E comunque i fuochi non ci sono stati).

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 2

  1. una mamma zen

    😂😂 mi hai fatto molto ridere. Le vespe anche qui hanno dato il meglio, hai voglia di bruciare caffè che pare le allontani . Ma soprattutto la caduta dal gioco per bambini, ahahah. Dai che siete a casa, basta bicchieri/piatti
    rotti 😉

    1. Post
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      Maddalena Capra Lebout

      Le stoviglie qui sono più difficili da rompere: quelle dei bambini sono di plastica e nel caso si servano delle nostre sanno che li controllo a vista :p La vespa mi ha proprio beccata e bruciava da paura. Fortuna non ho reazioni allergiche. Saluti dall’ultimo herpes.

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