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Maternità

I bambini Swarovski

Di peggio di una nonna che insegue il piccolo: “No, che così ti fai male!”, c’è un genitore che insegue il piccolo: “No, che cadi e ti fai male!”. Di peggio di un genitore c’è una maestra, e di peggio di una maestra c’è lei: l’educatrice della materna. Di una classe che per fortuna non è quella di Isabelle.

Schiera i piccoli per il tragitto giardino – bagni, ma questi compiono l’incauto gesto (del tutto imprevedibile?!) di salire su uno scivolo di legno alto ottanta cm di quelli che si usano al nido, e che sta parcheggiato entrando in salone.

“Ma perché dovete passare dallo scivolo? Che poi cadete e vi fate male.”

Il fiato mi si rafferma in una muffa di stupore misto a commiserazione. In quel mentre Sarah (che non avendo ancora cominciato i campus estivi oggi era con me) prende in braccio Isabelle, in

uno schianto di luce, giuro, ché roba bella così vale una vita intera.

E la maestra dai fondi solidi quanto una palude inchioda, dimenticando perfino il suo personale plotone di bimbi: “Oddio! – sgrana quei suoi occhietti stinti da San Bernardo – no…” Si ferma perché trafitta dai miei, che lampeggiano un silenzioso fatti-i-cazzi-tuoi. Così riaggiusta la mira: “Ho avuto paura che cadessero.”

“No. Non cadono.”

Non so perché hai scelto questo mestiere, dove

obbligherai bambini figli del vento, del gioco, degli azzardi.

Figli della luce che scroscia in abbracci come quello delle mie piccole.
Dei tentativi sgorbi e delle meraviglie precise come asterischi di neve.
Delle scoperte che non puoi fare se resti coperto dai timori e dalle mani sugli occhi.
Figli di sbucciature e di fiori sulle piante che raccogli solo salendo in groppa ai compagni o sullo schienale delle panchine.
Insomma figli della vita:

a diventare Swarovski.

A non scommettere. A restare nel certo, nel povero, nei mezzi toni. Nel brodo scialbo di sguardi come il tuo.

E che hai avuto paura l’hanno capito tutti. Lo scivolo di legno sta ancora ridendo.

 

Photo by Annie Spratt on Unsplash

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

  1. Mamma Gioca

    Da premettere che le mie figlie hanno fatto la scuola materna in Germania, dove quando andavo a prendere la grande passavamo un buon quarto d’ora a cercare di farla scendere dal tetto di un’arca di Noè alta più di due metri e dove le gemelle a gran velocità con il monopattino usavano i bambini del nido come birilli per lo slalom. Il tutto sotto gli occhi tranquilli delle maestre. Ho faticato a capire il senso di tanta spericolatezza, e ancora non mi è chiaro. Però anche io ho fatto la scuola materna insieme a loro e un po’ a quel modo di fare mi sono abituata, quasi affezionata. Così mi ritrovo a dire alle mie figlie un semplice “non esagerate” ,che, soprattutto con le gemelle, ci sta sempre bene! Al rientro in Italia ho sofferto soprattutto per questo, per la totale mancanza di autonomia lasciata ai bambini, persino nei lavoretti, sempre troppo guidati e poco pasticciati; il giardino lo hanno visto col binocolo nonostante al sud da me ci siano 20 gradi anche a Natale. E quando le gemelle, in mia presenza e ormai sotto la ma tutela, si sono arrampicate come scimmie su un giochino fatto per quello ma vietato in orario scolastico sono state bonariamente accusate di “dare cattive idee agli altri”… E ora il piccolino? Inutile dire che è sempre pericolosamente tra le braccia di una sorella di turno… Io sono serena, ma sempre assolutamente vigile!

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      Maddalena Capra Lebout

      Che bello risentirti, ciao carissima! Non so come si faccia, dopo un’esperienza all’estero, a tornare in Italia con le sue ottusità feroci. E dico “feroci” perché secondo me quando si parla di sicurezza e tutela dei bambini, il discorso va proprio rovesciato: ciò che li mina è questa ossessiva tutela, questa apprensione che non molla. Interessante anche quanto dici sui lavoretti, e poi tu in questo sei una professionista. Cosa possiamo fare? Continuare a farci sentire, e poi a casa ripulire i figli non dal fango dei cortili (purtroppo), ma da quelle paure che gli mettono inutilmente addosso, da quei veti che li feriscono prima che si feriscano. Un bacio. :*

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      Maddalena Capra Lebout

      Eheh, no io su questo vado bene, credo sia uno dei pochissimi punti in cui non devo applicarmi e correggermi, e credo anche che sia merito dei miei: non ricordo di averli mai sentiti ingabbiarmi né incutermi timori con questo tipo di frasi.

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