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Maternità

Ho già preso le tue cose

ADESSO MI SEMBRA TUTTO CHIUSO QUI DENTRO, NELLA SACCHETTA COME UN BAGAGLIO SICURO. LA FOTO COL TUTÙ È UN BIGLIETTO DI RITORNO

 

DSC00640_pe_wprnMi è venuto in mente ieri.
“Ricordati che domani dobbiamo prendere la sacchetta, che poi andrai al centro estivo, ma all’asilo non vai più, non vai… qui non… qui basta: hai finito per sempre.”
Sarah era sulla panchetta all’ingresso di casa, levava le scarpe sudate.

Ho il seguito, oggi, tutta la prole: Patrick non va all’oratorio estivo, vanno al mare, non gli è piaciuto. Certe intolleranze sono dure a morire. Isabelle è sempre con me. Sarah camminava fiera, le sue scarpe nuove e non ancora sudate, racconta che una sua compagna ce le ha uguali, ma lilla coi fiori bianchi. Cammina come camminano le ragazzine, a volte ondeggiano i capelli intorno ai suoi passi danzanti. E poi le ho preso gli occhiali da sole, il sole le dà fastidio, le fa venire il mal di testa. Allora se li indossa sotto la tesa del cappellino, si fa legare i capelli ogni giorno in un modo diverso.

Dovrei saperlo. Dovrei saperlo anche da questo, che non è più così piccola.

Sulla soglia della sua classe mi pianto come un arbusto incerto. Non so se riesco, a venire io. Alle due. Adesso le due è l’ora che la Isabelle dorme. Magari mando la tata, la ragazza che me li prende nei giorni di pioggia, di vento, di malattie. Comincio a prendere le cose, allora. Le prendo io, magari quella non sa, glielo dico, dimentica. Mi spiace.

Siamo tre donne con in mezzo un tempo. Io, le due maestre. Il tempo ha una capacità incredibile di infilarsi in così poco spazio. Spintona, se necessario. In qualche modo ce la fa. Anche tra le gambe di una madre, soprattutto lì. Dove s’avvinghia Isabelle che oggi ha le sue lune storte. Anche nell’impazienza di Patrick che non vuole salutare la sua ex maestra della classe accanto. Il tempo s’infila come la posta sotto la porta, come le righe di luce dalle persiane. Si prende un oggetto, nidifica.

Dovrei saperlo. Dovrei sapere che quella sacchetta a quadrettini rosa col nome Sarah cucito da mia madre mi peserà un indomabile casino.

La districo dalle altre sacchette appese nel bagno, me la prendo per il suo lungo manico stringato. La sacchetta… adesso mi sembra la mano di un altro figlio. Sarah è già in classe, non ha la gravità dei finali. Guardo le maestre ancora un attimo, dico mi sbrigo, vado a piangere fuori. La foto l’hanno già staccata dal suo armadietto. Il suo armadietto di nessuno. Di molti, di lei, di altri. È appoggiata sopra, incollata al suo cartoncino giallo. Aspetta.

La prendo senza guardarla. Ne avevamo fatte almeno cinque. Con il tutù che ancora si ostina a mettere, a volte, il cavallo le tira, le spalline la scavano. Ne avevamo fatte un po’, si divertiva, si appoggiava al muro, dondolava capelli che ancora non dondolavano.

Sono sempre i dettagli a fregarci. O forse a innamorarci.

L’asilo è un piccolo viaggio che comincia piangendo e piangendo finisce. Adesso mi sembra tutto chiuso qui dentro, nella sacchetta come un bagaglio sicuro. La foto col tutù è un biglietto di ritorno.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 4

  1. giomamma

    ho fatto un salto indietro nel tempo, ho rivisto l’ ultimo giorno d’asilo di mia figlia. Ho risentito di colpo quella sensazione di tempo che scivola, quel rendersi conto a tappe che si perde e si aggiunge qualcosa. L’ anno prossimo toccherà ad A., e sorrido, perché penso che il fatto di avere più figli ti mette di fronte al ripetersi delle emozioni, a ripetere una fase, a scoprire che quella precedente non ti aveva preparata affatto. Bellissimo post, come sempre cara!! un bacio

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      Maddalena Capra Lebout

      Come dici tu… si perde e si aggiunge qualcosa. In questi 3 anni ne abbiamo aggiunte e guadagnate tante, di cose. L’asilo è un’esperienza straordinaria, abbiamo avuto maestre fantastiche, attività che lasciano il segno, che mi fanno dire: non è obbligatorio, ma l’asilo è un gesto d’amore… non serve solo a socializzare, a sollevare le madri. La nostalgia che arriva sul finale palpita di tutto questo. Grazie Giò…

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