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Maternità

Una famiglia per bene

PER UNA MADRE È FORSE LA PEGGIORE CONDANNA: SAPERE CHE SEI OBBLIGATA PER IL BENE DI UNA A TOGLIERNE AGLI ALTRI.

 

Resto in macchina. La portiera aperta nella sera, una zanzara sul vetro. Non esco.

Isabelle è già scesa col suo carrellino e la bambola, Mathias fa avanti e indietro, scarica i sacchi della spesa che abbiamo fatto senza Sarah. La sento, Sarah, si affaccia sull’uscio: “Mamma!”, una volta, due.

È questo, il tempo che posso. Le gambe sollevate sul cruscotto, il corpo rifiuta. Alla mia destra le finestre di casa mia, l’orlatura della corte: casa è diventata la mia prigione, il luogo dove si consuma questa crociata, le mie fatiche. Ho bisogno di dare muri a questo male. Ho bisogno di confinarlo. Piango di nuovo. Prendo un fazzoletto di carta dallo sportello e aspetto, quelle forze che una madre non può perdere.

Non c’è più pausa, quelle brevi radure che trovo, che creo, non mi ossigenano, sono pozze dove fluisce spontaneamente tutto ciò che trattengo nel resto del tempo. Non posso mostrare rabbia, dolore, preoccupazione, incertezza. Sono una donna che impara da capo: quando Sarah si crepa in una crisi non correggo, non alzo la voce, non sgrido. Abbraccio, contengo, rassicuro. Quando s’impunta su inezie offro alternative. Quando nemmeno queste bastano l’abbraccio di nuovo. Poi la distraggo. Ripesco tecniche e modalità che utilizzavo quando aveva due anni. Le dico è venuto di nuovo? E lei sa che non è lei, è questa cosa che le arriva, ne è travolta quanto noi, allora sdrammatizzo, abbiamo dato un nome a questo mostro che le prende, si chiama Pepe.

Antonio dice che va bene, che faccio bene, nessun capriccio è un capriccio: “Ha paura”.

Erano lì ad aspettarci, ottavo piano, un bel panorama, Sarah tu vai dalla fatina Giulia, noi stiamo con l’orso, lì c’è il bagno, d’accordo?

Così siamo seduti davanti a lui, lei nella stanza accanto fa test con l’assistente.

Ci sono due lavori, da fare: smantellare una paura ignota, con loro, e rieducare la piccola a tutto. Questa è la mia parte. Elenco tutte le strategie difensive che mia figlia ha messo in atto per questo disturbo di stimolo persistente a fare pipì: rifiuta di uscire di casa, non lava le mani dopo esser stata in bagno, siede storta sulle sedie, si addormenta solo sul divano, non indossa pantaloni né gonne, accetta un solo vestito che lavo ripetutamente. Di dozzine di slip solo due paia sono possibili. Le ho insegnato, giocando, a lavarle. Le stendo in terrazzo, il sole e il caldo alleati di un’urgenza necessaria. Procedo come se fosse un bebè, premio piccoli successi, avanzo caute proposte. Sono sola con due figlie, tre quando tornerà anche Patrick, chiusa in casa, e mentre do attenzioni a lei so già di fare un torto agli altri.

Per una madre è forse la peggiore condanna: sapere che sei obbligata per il bene di una a toglierne agli altri.

Non so più dire no. Tengo il punto su certe regole. Ma quali? Perché lei può dormire sul divano e gli altri no? Perché siede storta a tavola e Isabelle deve restare composta? Allora no, va bene tutto, svuoti acqua da questa imbarcazione che trema, e altra ne entra a poppa.

Hai perso tutte le consuetudini, gli strumenti educativi e di relazione che applicavi in automatico. Quelli suggeriti dal buonsenso. Il buonsenso lo mandi affanculo. Non basta. Serve un terapeuta. Io non lo sono. Non lo sono e devo esserlo, ogni giorno ogni minuto. La sera arrivo stremata, dormo di un sonno che mi rapisce, fino ai rintocchi forti di un cuore, al mattino, che si sveglia prima di me, che mi picchia nascosto nella maglia.

Antonio va cauto, è così lunga la strada, la spezzetta milioni di volte, adesso sembra una di quelle figure a trattini che devi ricomporre unendoli. Un trattino alla volta, dice: una sola cosa. Ci ha dato il compito di rieducarla a uscire. Dieci minuti. Tutto il resto lo tralasciamo: le mutande, le mani, il sofà.

Ci ha fatto decine di domande, come è nata, se ha sofferto di ansia da separazione, com’è con noi, i fratelli. Si contano sei mesi, dice. Sei mesi prima dei sintomi. Cosa c’era, sei mesi prima, che cosa? Io scavo e ho la terra sotto le unghie, e non trovo le radici di questa gramigna. Non lo sapevo che i bambini possono avere un disturbo d’ansia, già a sei anni. “Sì, anche a tre”. Penso a tutte quelle famiglie sbilenche, ai divorzi, alle madri che lavorano, a chi non va tanto per il sottile, chi sculaccia, chi bestemmia. Noi: una famiglia per bene. Noi: sbottiamo come sbottano tutti, ma ci fermiamo sempre a rivalutare, correggere, spinti dalla preoccupazione a fare bene. Ma a chi vuoi raccontarla? Tutti, sono convinti di fare bene.

La maternità non è un compito che devi fare esattamente. Non c’è nessuna esattezza, abbiamo un margine nel quale si riassorbono gli errori, i detti e non detti, quella volta che. L’importante è fargli sentire che li ami. Invece può succedere a tutti, sai? Che sei perfettamente in bolla, cazzo quanto sei dritto, sei il filo a piombo della maternità, le brevi oscillazioni si sono ammortizzate subito, vai giù diritto che sei una meraviglia. Eppure lo smacco ti arriva uguale, ti becca lì in mezzo alla fronte come il colpo d’un cecchino.

Devo essere forte, la mia esasperazione è tutta qui, su queste gambe alzate mentre piango in una macchina ferma. Poi cominceremo: “Mathias, falla tu la prima uscita.”

Ho bisogno di un progresso, un piccolo premio anche io. Se riesce sarà la mia caramella contro quest’amarezza. Fallo tu.

Usciranno dopo lotte e lamenti, Sarah che mi stringe come dovesse partire per la guerra. Fa due passi verso la porta, e poi torna indietro: altri sei baci su una guancia, sull’altra, sul mento. Fanno diciotto.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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  1. una mamma zen

    A tutte le famiglie può succedere. Anche quelle da manuale, che poi non esistono, ma per essere più chiari. Quindi vorrei che tu ti togliessi quel sottile senso di colpa che leggo tra le tue righe.TU NON C’ENTRI NIENTE. La famiglia, non c’entra niente. O forse, ha completato una percentuale che già c’era. Quindi puoi lavorare su quella parte, sicuramente ce la farai perché sei brava e forte e hai un valido sostegno. Ma certe cose sfuggono al nostro totale controllo. Giorno per giorno e passo per passo si migliora, si sistema. Credici e ripetitelo anche quando non ci credi. Un abbraccio.

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      Maddalena Capra Lebout

      Sai, Chiara… all’inizio i sensi di colpa c’erano, ma adesso non mi sento in colpa: mi sento confusa, disorientata, sconcertata, ignorante e preoccupata: è davvero così poco quello che crediamo di sapere e conoscere, dei nostri figli? Non sto parlando di controllo, sto parlando di fiducia, fidarsi di quello che abbiamo costruito, di quello che vediamo dell’altro. Sarah non è solo una da bicchiere mezzo pieno: Sarah è una che in un dito d’acqua, se vuole, ci fa un acquario, un oceano. Se una come lei, così vibrante, positiva, curiosa e coraggiosa nelle novità, sempre lanciata, sempre entusiasta… adesso è un pugno chiuso, stravolto da una paura che si è del tutto impossessata di lei… allora mi chiedo di cosa mi posso fidare. Allora tutto: una fiaba con l’ennesima principessa orfana, un cartone coi mostri, un’amichetta che l’abbandona, una lite tra i genitori, un no di troppo, un no di meno, un’osservazione, una richiesta, un saggio di danza: ogni cosa è potenzialmente un rischio, nella vita dei nostri figli? E’ davvero così? E a noi, madri, cosa resta? Amare sapendo che, in fondo, l’amore non conosce e non salva, per quanto protegga. Nemmeno i bambini.

      1. una mamma zen

        È che noi madre siamo così piccoline… Cioè vorremmo poter fare molto più di quanto si possa. Sì credo che resti solo da contenere, sorreggere, star vicino. di tutti i traumi e i disagi che avranno, ne possiamo controllare e evitare solo una minuscola parte. Il resto ha un suo disegno,una sua strada. Hai scritto bene, non resta che amare. Credo non si cosa da poco, senza sarebbe tutto senza via di scampo.

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          Maddalena Capra Lebout

          Solo non pensavo potesse accadere a Sarah. Quando Patrick ha avuto problemi (e, credimi, ne ha avuti tanti), non mi sono mai chiesta perché. Ma qui mi sbaraglia proprio l’insospettabilità. Diverso sarebbe se avesse un problema di natura organica, avrei un dolore forse enorme, ma non questa sfiducia in ciò che l’amore può o non può.

          1. una mamma zen

            avevo una cara amica anni fa. mi raccontava spesso che quando aveva 7 anni aveva avuto quello che noi chiameremmo “esaurimento nervoso”. a 7 anni? ebbene si. famiglia normalissima, altri 2 fratelli, tutto regolare, madre e padri presenti, perbene, come diresti tu. Lei si strappava i capelli. senza un apparente perché. di quei mesi lei ricordava sopratutto la disperazione di sua madre. Poi… è passato. Lei è diventata una giovane donna sensibile, un po’ insicura ma molto in gamba e intelligente. Vedrai, ne uscirete fortissimi, e non lo dico per dire.

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            Maddalena Capra Lebout

            Chiara, credo che starò meglio quando comincerò ad avere risposte e/o progressi. Grazie, nel nostro caso escludo che se ne possa uscire per puro fatalismo, che passi così com’è venuta, anche perché già il primo episodio meritava approfondimenti, ma con questo secondo, prigioniere in casa da quattordici giorni, e con quegli occhi, e quei gridi disperati… un nodo va sciolto. Ma non te lo nascondo: vorrei comunque passasse così com’è arrivato, intanto saremmo felici, e poi, da felici, potrei comunque approfondire con calma.

          3. una mamma zen

            Ah ma anche a lei non è mica passato così, psicologi e controlli continui. Non so i dettagli, però era per dirti che se ne esce, in un modo o nell’altro. Nel frattempo, un passo alla volta, come dici tu.a volte sembreranno 100 indietro ma ci sarà anche qualcuno avanti, vedrai.

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  2. Elisabetta

    Capisco il tuo punto di vista, il non potersi sdoppiare, l’essere sola a dover affrontare situazioni, prendere decisioni, in fretta e sperando di aver fatto la cosa giusta, in questa ruota da criceto che è la vita quotidiana, dove tutto scorre troppo lento e troppo veloce allo stesso tempo.
    A volte mi capita di osservare altre famiglie e desiderare la loro quiete e serenità esteriore… si, perché se infili la testa nelle mura della loro casa, alla fine, vedrai le stesse problematiche tue, se non peggio… TU Stai facendo un ottimo lavoro e i tuoi figli lo sanno che sei una brava mamma.
    Non ho capito solo una cosa: ti leggo a sprazzi, perdonami, ma dal ricovero in ospedale allora non risulta nessuna disfunzione… ?
    Ti sono vicina, un abbraccio Eli

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      Maddalena Capra Lebout

      Dal ricovero non risulta nulla di organico. E’ ansia. Solo che il termine ansia si usa per tutto. Be’ qui parliamo di quella vera. Può venire anche a sei anni. Da qualche paura inespressa, un trauma, ma anche da cose cui noi adulti non diamo peso. Capisco quello che dici, sulla quiete delle altre famiglie, sullo sclero della propria: ma qui è proprio diverso, e non posso in alcun modo paragonare le fatiche comuni di una mamma con figli sani rispetto a quello che sta accadendo. Se infilo la testa nelle case delle altre non trovo le stesse problematiche perché, spero, non hanno figli con patologie. Sono anche io una mamma che da sempre quando le scuole chiudono ha 3 figli a casa, alcuni giorni era bello e altri era quasi impossibile. Ma era vita normale. Qui, di normale, non è rimasto molto adesso: ho una figlia che sta male e che sta cambiando faccia a tutta la famiglia. Grazie Eli.

  3. Mamma avvocato

    Non ho parole. Vorrei trovarne di sagge e utili ma non ho veramente idea di ciò che stai provando, quindi taccio. Ti abbraccio però, forte, e ti penso tanto tanto.

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      Maddalena Capra Lebout

      Cara Giulia, vista la lentezza dei progressi, credo che la soluzione sia imparare a stare. Serve tempo anche a me. E continuare a succhiare forze da tutti quelli che col loro affetto ci sono vicini. Nella certezza che ne usciremo. Grazie, ti abbraccio.

  4. Dindalon

    Non trovo le parole per esprimere quello che provo. Questa situazione senza nome ha dell’assurdo. Rinnovo il mio pensiero positivo per voi e l’abbraccio più forte che ci sia! E, come ha detto giustamente Patrick, tutto si risolverà con l’amore.

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      Maddalena Capra Lebout

      Grazie Marta… non riesco a crederci nemmeno io, né a trovare come muovermi, è un terreno minato, tutto, ogni gesto, parola, azione, le giornate sono lunghe, piene di crisi isteriche e i fratelli ne risentono.

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