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Maternità

Codice giallo

E TU SEI, PER LA PRIMA VOLTA, MAI, SENZA DI ME. TROPPO LONTANA PER TUTTI I BACI CHE VORREI DARTI.

 

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Giro la chiave nella toppa del cancello: Patrick, Sarah, io. È notte.

Mio padre ha riavviato il motore, sono riuscita a non gocciolargli addosso. Va. Tutto sommato non è nulla ti dici, infili due bambini in casa eppure il nostro posto macchina è vuoto. Com’era vuoto l’ascensore in ospedale, quei bottoni sulla pulsantiera mi sembravano una faccia, pur di scalzare la solitudine con cui venivo via. La casa ha nuovi silenzi, papà è rimasto con la piccola, in quell’edificio alto. Li metto a letto e lo sentono anche loro, il diverso, diverso dalle volte che qualcuno nasceva, che si dorme dai nonni, che qualcosa è speciale.

Sono settimane da separati, Patrick e Sarah dai nonni per le nostre influenze, non li vedo quasi, Sarah mi guardava stamattina, implorava, tra l’armadio e la mia alta figura, in pizzo al letto: finiranno la battaglia navale più tardi, li mandiamo via anche oggi. Siamo usciti con calma, noi, come una coppietta con un figlio unico.

Perché non hai fatto pipì?

Come diventano incredibili certe inezie. Certi dettagli che in altri frangenti chiameresti conquiste. Isabelle si è svegliata asciutta il giorno della befana. Alla sera il pannolino era ancora intonso, le ho fatto il bagno, messa a letto. La sera chiamo mia zia, pediatra: se non urina va fatta vedere.

Perché non hai fatto pipì? Ti ho presa e ho cominciato a pensarci, sai come quelle canzoni, quei jingles? E più ci pensavo e meno valeva. Ti ho lasciata in mutandine, tuo padre voleva mettere un asciugamano sul divano, ma quale asciugamano? Va bene anche se sporca. A quel punto valeva tutto. Ti prendo in braccio, va bene anche lì. Scherziamo sul pronto soccorso, va’ che tanto appena arriviamo dentro e la dottoressa ti visita ti pisci sotto, e abbiamo risolto. Una fontana sul camice, già so.

L’ultima curva me la ricordo, era sabato anche l’ultima volta che sono venuta qui, nasceva tua sorella. Da allora non son o più venuta, era sempre papà a portare il malato di turno, io tenevo gli altri agganciata a radi sms, lunghe attese. Ma oggi mi volevo qui, hai detto mamma troppe volte in questi giorni in queste ore, e anche se adesso sei vispa e pare assurdo che esista un problema, io mi volevo qui. In macchina l’ho pensato, sai? E se ci tengono dentro? Perché le mamme sanno sempre tutto. Sempre. Anche quando non sanno di sapere.

Come si guastano certe attese. Come gli occhi si abbassano sotto la stanchezza. Come quelle discussioni nate da minuscole cose e poi franate in litigi. Così passano le ore.

– Quindi è due giorni che non fa pipì… E perché non l’ha portata prima?

Ci han presi subito, a noi. Ho quasi riso di quel codice giallo. Li abbiamo fottuti tutti: il piccolo con la tosse, quell’altro ragazzetto che si mangiava i cracker, quella che allattava al fondo, più altri che via via arrivavano. A noi hanno chiamato per primi.

– Isabelle?
Dentro. Io, tu. Puoi ancora farlo, Isabelle, fare pipì addosso alla dottoressa. Va bene anche quella carina, che poi dirò a tuo padre “la dottoressa era bella”: “No! Non è bella: è cattiva!”

Ti hanno fatto tutto quello che si poteva fare, adesso lamenti che non puoi stare in piedi, c’hai la primizia con la museruola d’un sacco di plastica. Non piscerai mai lì dentro.

L’attesa è lunga, la prima parte la spendiamo ingenui sotto tre Paola ti amo e le macchinette, apriamo panini dall’incarto impossibile, ti metto l’iPad che ti stufa subito. La tv della sala d’attesa con cui i tuoi fratelli hanno passato ore d’emergenza è nera come il carbone che non hai meritato. Nemmeno questo meriti. Per fortuna non chiedi: stai.

Ti danno da bere, ti siringhiamo in bocca il Prereid per riempirti la vescica, ti ribelli, si versa, allora salti nella sua pozza salina producendo un riso generale.

Comincio a esser stufa: quella nota vaga di curiosità che sempre si accompagna a una novità sta macerando, ristagna. Sarebbe l’ora del tuo sonnellino. Hai una calza sì una no, bagnata dal Prereid. Mi mancano i tuoi fratelli. Ti faccio correre, t’intrattengo, saltiamo sulle piastrelle, seguiamo le fughe. Altre ore. Nulla.

Ti hanno fatto un’ecografia, stavo sdraiata con te per sedare il tuo rifiuto di un altro camice. Mi sono ingoiata il pudore, siamo stese insieme, non voglio vedere la tua paura. Non voglio che tu scorga la mia.

Poi siamo di nuovo giù, da papà. Sta diventando rosa il cielo, ha quel buio luminoso come una grande voragine, al fondo labbra carnose. Le spinge sempre più in là, le serra sui tetti delle case. Tu dormi, sulla barella parcheggiata sotto a un estintore, accanto l’albero metallico di fisiologica. Ti hanno messo una flebo e quel sacchetto, vuotandosi, dovrebbe riempire questo tra le tue gambe.

Passano mamme che tornano a casa, quella che allattava, quella col piccolo pieno di tosse. Penso alla domenica del nostro travaglio, sta diventando buio nello stesso modo. Lo stesso imprevisto dilungarsi. In grembo a me, come allora, sei troppo lontana per tutti i baci che vorrei darti.

Quando ti svegli non ne puoi più, sono più di sei ore che siamo qui, implori: “Voglio andare a casa!”
Ci abbiamo sperato fino in fondo.

Invece sono tornata io, i tuoi fratelli ora dormono, di là. Gli manchi. Hanno voluto vedere due foto che ti ho fatto in ospedale, Sarah dice che non può dormire senza una femmina in camera.

E tu sei, per la prima volta, mai, senza di me. Tuo padre accanto. Troppo lontani, per tutti i baci che vorrei darvi.

Qualcosa di nuovo?
Ti avviso io: a caso, quando capita, una vetrina degli ultimi post!

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Commenti 14

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      Maddalena Capra Lebout

      Ciao… E’ sempre attaccata alla flebo per riempirla di liquidi, e finalmente fa tanta pipì, ma si dibatte per trattenerla, perciò si sospetta cistite, ma è difficile capirlo su una piccolina. Siamo ancora in ospedale. Grazie, Alessandra 🙂

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      Maddalena Capra Lebout

      Grazie cara, mi sono spaventata che non facesse pipì da 60 ore… poi in famiglia abbiamo avuto diversi casini a livello di reni, ma per fortuna quelli sono a posto, adesso fa pipì anche se si agita per cistite. 😘

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          Maddalena Capra Lebout

          Guarda, è stato tutto molto difficile da capire, perché lei era reduce di febbrone da influenza, e, a detta dei medici, era già a corto di liquidi, a cui si sommava evidentemente fastidio nelle parti basse per cui si tratteneva. Però non era debole o stanca, e si lamentava appena che le bruciava la patatina ma solo di rado (e comunque questi lamenti li aveva già fatti da giorni, voglio dire, anche prima quando pisciava). Il guaio è stato proprio la totale mancanza di urine per due giorni e tre notti. Da ieri, che ha ripreso a fare pipì, i suoi lamenti erano molto più franchi, forse era peggiorata nel senso che l’hanno imbottita di liquidi e quindi non potendo più trattenersi si dibatteva. Ieri era proprio in crisi. Adesso sta bene, è un po’ nervosa, si dondola quando le scappa, ma l’importante è che la faccia. E è sotto antibiotici. Grazie cara, un bacio…

          1. Gisella

            Oh piccola… Non c’è nulla di più avvilente di un bimbo che sta male e di noi che vorremmo strappare quel male velocemente e in maniera indolore…. A me la nostra incapacità di aiutarli in questi frangenti mi lascia senza parole. Vedrai che la guerriera si riprenderà in fretta, baci baci a tutti 🙂

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